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La scienza dell’ipertrofia

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Il mondo del bodybuilding è per molti aspetti paradossale, proprio un ambiente a sé stante. Appena metti giù due formule… “eh ma il bodybuilding è semplice, vuoi renderlo complicato”. Poi però discussioni incredibili su aspetti per me senza senso, tipo come fare un curl per i bicipiti che è uno dei movimenti più idioti che si possa immaginare: chi non riesce a fare un curl, flettendo l’avambraccio su un braccio?

Poi, se da una parte vi è il rifiuto della “scienza” perché fatta da secchi che non ci capiscono un (beep) di allenamento, solo teorici, dall’altra vi è la ricerca spasmodica dello studio scientifico che conferma quello che si pensa, tipicamente questo accade nel campo degli integratori dove si va a cercare lo studio che dice che quell’integratore serve… semplicemente perché lo utilizziamo.

Ma dietro tutto questo c’è un elemento davvero importante: la ricerca scientifica ci aiuta nella scelte in allenamento che riguardano la crescita muscolare? In altre parole, “la scienza serve o non serve per la massa?”

Chiunque inizi a frequentare una qualsiasi palestra si trova prima o poi a sentire un ritornello di questo tipo: “per fare forza devi usare basse ripetizioni con alti carichi, per fare ipertrofia devi rimanere sulle 8-10 ripetizioni, per fare resistenza devi farne più di 12”

Il continuum delle ripetizioni

Facciamo una figurina per esemplificare il concetto, tratta da “Loading Recommendations for Muscle Strength, Hypertrophy, and Local Endurance: A Re-Examination of the Repetition Continuum” di Schoenfeld e colleghi per Sports del 2021 che è un classico oramai si queste cose.

Di fatto abbiamo una specie di continuum delle ripetizioni, ovviamente non si fa forza con serie da 2 ripetizioni con un carico ridicolo, i carichi sono relativi alle ripetizioni stesse, cioè ad esempio 1-5 ripetizioni con un carico da 1-5 ripetizioni (lo so che sei intelligente, scusa se dico cose ovvie…).

Chi vuole fare ipertrofia deve muoversi perciò in questo intervallo e questo è ciò che fanno tutti quelli che si allenano in palestra. C’è da chiedersi se sia effettivamente “reale” tutto questo, cioè se quello che tutti fanno sia effettivamente efficace o ci sia dell’altro.

Ed è qui che serve una lettura ragionata degli studi scientifici, per evitare che scienza e pratica divergano con il rifiuto dei relativi “fan” del buono che c’è nella fazione contrapposta.

Questo schema è reale, è… così. Se ti alleni secondo questo schema ottieni proprio quello che lo schema afferma. Fine dei giochi.

Un problema difficile da risolvere

Però questo schema non spiega tutto, ti faccio vedere un altro grafico.

Questo indica la risposta ipertrofica muscolare in funzione del carico utilizzato, tratto da “The Role of Resistance Exercise Intensity on Muscle Fibre Adaptations” di Fry per Sports Medicine del 2004. Si parla di ben 20 anni fa: a quel tempo quale era il problema che la Ricerca non spiegava? Che esisteva sì un intervallo di carichi ottimali per ottenere l’ipertrofia muscolare ricercata, ma che questa si poteva ottenere anche con altri intervalli.

Se associ le intensità di carico alle ripetizioni viene che l’intervallo fra 80% e 95% è proprio pari a 3-8 ripetizioni, che… ci sta, cioè non è che qui stiamo parlando di precisione assoluta, diciamo che il grafico mostra che si può fare ipertrofia non solo all’interno dell’intervallo relativo, ma anche allenandosi per la forza e per l’endurance.

Il bello è che questo grafico derivava dall’analisi degli studi condotti sul campo, era reale anche questo!
Il ragionamento che veniva fatto era il seguente: se l’attivazione muscolare dipende dalla tensione richiesta per contrastare un dato carico, maggiore è il carico e maggiore è l’attivazione muscolare e così maggiore è l’ipertrofia. Perché, allora, carichi davvero bassi la sviluppavano lo stesso?

Ti risparmio l’incredibile diatriba sulle “ultime ripetizioni”, sulla legge di Hanneman non più vera, sulla lotta furibonda fra carico e cedimento. Fatto sta che nel tempo si è sviluppato un modello nuovo che ha integrato il tutto. Come sempre, la Fenice risorge dalle sue ceneri.

Il nuovo modello di risposta ipertrofica

La figura mostra il modello che viene oggi utilizzato: la risposta ipertrofica non dipende solo dal carico utilizzato ma anche dal tempo di applicazione dello stesso, è quella che viene chiamata “tensione meccanica” un termine davvero poco appropriato perché per tensione di sicuro si intende quanto meno una forza, non una forza per un tempo ma tant’è… ce ne faremo una ragione.
Ma se la risposta è data dal carico e da quanto tempo questo viene applicato (al corpo ovviamente) è chiaro che sono a questo punto possibili innumerevoli combinazioni, da 100 x 1 a 1 x 100!

Il continuum rivisitato

Questo ha portato ad una rivisitazione del continuum delle ripetizioni in quest’altro.

In altre parole, la risposta ipertrofica si sovrappone alle altre, ed è possibile ottenere ipertrofia sia a basse che ad alte ripetizioni.

Si possono fare moltissime considerazioni su questo. La prima è che la Ricerca ha mostrato che quello che “si sapeva” in palestra era… vero, cioè che ci sono persone che hanno messo su massa muscolare in modi del tutto diversi.

Ma non solo: è possibile una risposta ipertrofica con lo strongman, con il crossfit, con il PL, il WL, il calisthenics. Questo perché ciò che conta non è il carico in sé, ma questo relazionato al tempo di applicazione.

È un risultato scientifico importantissimo ma allo stesso tempo molto difficile da dominare: apre la porta a combinazioni di tutti i tipi ed è per questo che è necessario gestirle.

Perché dovrei fare, cioè, ipertrofia con un classico 4×8 se posso farla con un 32×1 o un 1×32? Sempre 32 ripetizioni sono, con carichi diversi. Non c’è una preclusione scientifica, solo pratica: un 8×4 porta ad un compromesso fra tempo di allenamento, sensazioni di pompaggio, soddisfazione dovuta alla fatica che è, alla fine, ottimale.

Certo, posso usare anche un 32 x 1o un 1 x 32 ma devono piacere al soggetto perché richiedono un impegno differente e per molti aspetti maggiore come sempre accade se si esaspera un parametro:

  • Pensa ad allenarti in 32 x 1, tutte alzate massimali che ti portano via un pomeriggio e ti stordiscono, questo è necessario perché il carico è sì massimale ma applicato per quanto? Se fai 8 x 1 con carichi massimali, davvero impegnativo, fai un ottavo di un 4 x 8 che è sì a carichi meno elevati ma la tensione meccanica sviluppata è comunque maggiore in questo secondo caso
  • Pensa ad allenarti in 1 x 32 di squat, un vero massacro che ti fa anche vomitare, tirare al cedimento estremo è qui fondamentale perché che carico usi su 32 ripetizioni? Davvero basso, che se fai un 1 x 16, comunque duro, sviluppi di sicuro meno tensione meccanica di un 4 x 8

Spesso, pertanto sentirai dire che si può fare ipertrofia anche a bassissimi carichi, come ad altissimi carichi. Ecco, è solo un modo per venderti qualcosa: una teoria, un metodo e così via. Si può fare tutto, ma c’è un intervallo ottimale. Poi se a te piace allenarti in un certo modo otterrai, perché per te quell’intervallo ottimale è proprio a basse o alte ripetizioni, ma devi capire che chi ti propone qualcosa di diverso dall’intervallo classico come se fosse rivoluzionario o migliore, magari affermando di basarsi sulla scienza, in realtà sta sbagliando, in buona come in mala fede.

Tutto risolto? No!

Ma c’è ancora dell’altro. Se adesso sappiamo che sia la tensione meccanica (e altri fenomeni quali lo stress metabolico e in parte il danno muscolare indotti dalla tensione meccanica stessa), come mai ad un certo punto quello che ha funzionato cessa di farlo? Perché tu raggiungi un certo livello e poi, pur allenandoti in maniera “scientifica”, ottieni sempre meno o addirittura niente?

Stai sbagliando? E se sì, cosa?

Il problema è sempre lo stesso: traguardare l’immediato, l’allenamento di oggi ma non quello del mese prossimo. Anche qui la scienza permette di avere delle risposte, che magari possono non piacere ma che vanno studiate.

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