Ultimamente si sente frequentemente l’espressione “costruzione metabolica”, spesso fraintesa.
Comunemente viene intesa come una fase in cui viene aumentata la spesa calorica dell’organismo attraverso un lento e progressivo aumento delle calorie introdotte soprattutto dai carboidrati fino a raggiungere quote definite “ottimali” dalle quali si può iniziare a tagliare le calorie per mettersi in restrizione calorica e dimagrire (vedi l’articolo su come accelerare il metabolismo).
Il concetto di fondo del ragionamento è quello di avere lo stesso deficit calorico (ad esempio 500kcal in meno rispetto al TDEE) assumendo e bruciando più calorie in modo da rendere la dieta più sostenibile e con maggiori margini di manovra.
Mangiare 2500kcal avendo un TDEE di 3000 è sicuramente più facile e sostenibile di mangiarne 1500 avendo un TDEE di 2000.
Sulla carta il discorso fila ed è bellissimo. Peccato che nella pratica però non funzioni così.
Per spiegarlo, analizziamo prima da COSA è composta la spesa energetica totale giornaliera (TDEE).
In questo grafico è molto chiaro :
- Circa 60% metabolismo basale
- Circa 5% effetto termico del cibo (digestione)
- Circa 20% NEAT (attività fisica spontanea, nel tempo libero e nel lavoro)
- Circa 15% allenamenti e sport
Come evidenziato nel grafico, solo il NEAT e gli allenamenti sono le vere componenti (che sommate fanno oltre un terzo della spesa totale) su cui possiamo agire volontariamente. Il resto sono indipendenti da cosa facciamo e sono dettate dalla nostra genetica, la nostra composizione corporea e stazza (altezza, quantità di massa magra…).
L’efficienza del metabolismo è strettamente regolata dalla genetica. Tramite l’alimentazione possiamo sicuramente ottimizzare lo stato di salute, la sensibilità insulinica, l’affinità con i macronutrienti… ma non possiamo aumentare la spesa energetica data dal metabolismo basale. Anche aggiugendo 5 gr di carboidrati al giorno per tutta la vita, il metabolismo basale non varierà in modo sensibile se non tramite grossi aumenti di massa magra (ed anche qui va ricordato che in realtà i muscoli a riposo non consumano poi tantissimo, un guadagno di circa 10kg di massa muscolare A RIPOSO porteranno un aumento di metabolismo basale non superiore a 3-400kcal).
Quindi in realtà la costruzione metabolica intesa come un aumento del TDEE di un soggetto ha molto più a che fare con l’aumento di attività (sia allenamento che NEAT) che non con l’alimentazione.
Quello che spesso viene inteso con costruzione metabolica, probabilmente dovrebbe essere chiamato “Reset metabolico”.
Il rest metabolico infatti, è lo spezzare un circolo vizioso di adattamenti metabolici negativi dato da restrizione caloriche troppo intense e prolungate che hanno portato ad una serie di adattamenti come la diminuzione inconscia del NEAT, una maggiore efficienza nel lavoro muscolare (il che vuol dire che per determinate attività fisiche il corpo riesce ad ottimizzare i consumi producendo lo stesso lavoro con una minore spesa energetica), ed un miglior utilizzo dei substrati energetici con una minimizzazione dell’energia dissipata in calore.
Per essere chiari, una restrizione calorica protratta nel tempo porta principalmente questi adattamenti :
- Diminuzione del metabolismo basale a riposo BMR (ma molto meno di quanto si creda, circa un 10%)
- Diminuzione anche estrema del NEAT (movimenti spontanei, tempo trascorso in piedi o seduto, numero di passi giornalieri effettuati. Eric Helms – preparatore, scienziato, nutrizionista e Bodybuilder agonista – ha calcolato che passa da 10mila passi al giorno nelle fasi di alimentazione ipercalorica a meno di 3mila passi al giorno nelle fasi di ipocalorica stretta quando è in preparazione per una gara! In alcuni studi è stato stimato che il NEAT può variare tra soggetti anche per più di 2000kcal al giorno!)
- Aumento dell’efficienza del lavoro muscolare (si produce lo stesso lavoro con minore spesa energetica )
- Diminuzione della dissipazione in calore di una parte delle calorie introdotte
Tutti questi fattori possono portare anche un estremo calo nella spesa energetica giornaliera totale di un soggetto.
Per spezzare questo circolo vizioso di adattamenti è necessario seguire un periodo di alcune settimane o mesi di mantenimento in NORMOCALORICA con un a dieta bilanciata, in modo da porre fine agli adattamenti indotti dalla restrizione prolungata.
Qui entra in gioco il concetto di “Reverse Diet”.
Poichè gli adattamenti metabolici conseguenti ad una restrizione calorica prolungata di cui abbiamo parlato sopra hanno abbassato la spesa energetica calorica totale, non è più possibile prevedere tramite test e calcolatori, che si basano sulla composizione corporea attuale e la quantità e tipologia di attività fisica, il fabbisogno calorico giornaliero di un soggetto con un margine d’errore accettabile. La conseguenza di ciò è che se impostassimo una dieta normocalorica basandoci su un fabbisogno teorico, finiremmo con il seguire con tutta probabilità una dieta IPERCALORICA, accumulando nuovamente peso in maniera sproporzionata tra tessuto magro e tessuto grasso finendo a parità di peso con una composizione corporea peggiore rispetto a prima di intraprendere la dieta in restrizione calorica originale.
Per evitare tutto ciò, si parte dalla quota calorica consumata attualmente, che tende a mantenere il peso corporeo stabile e si procede ad aumentarla gradatamente nelle settimane in modo da dare al corpo il tempo necessario a invertire tutti queli adattamenti metabolici negativi e quindi a “resettare” il metabolismo e la spesa energetica totale evitando che un’alimentazione che in teoria è normocalorica risulti invece ipercalorica.
Deve essere però chiaro che questa fase di mantenimento/reset/costruzione metabolica non sta “aumentado” la spesa energetica del soggetto o preparandolo al dimagrimento ma semplicemente lo sta riportando nelle condizioni metaboliche “normali”, con una spesa energetica congrua alla sua stazza, genetica ed attività annullando gli adattamenti metabolici negativi indotti da alimentazioni sbilanciate ed estreme.
Il metabolismo non viene “costruito” ma viene “riparato” poichè diete scriteriate prolungate nel tempo lo hanno “demolito”. Questo contetto è fondamentale.
Quando il metabolismo sarà tornato ai livelli normali di base, si sarà quindi “resettato”, se si desidera perdere peso si dovrà procedere con una restrizione calorica intelligente, di entità non esasperata intervallata dai giusti periodi di mantenimento per evitare di esasperare gli adattamenti negativi.
L’unico vero modo di costruire il metabolismo, cioè aumentare la dimensione dei tessuti metabolicamente attivi ed aumentare quindi la spesa energetica totale e di conseguenza riuscire a mantenere il peso introducendo un numero maggiore di calorie, è quello di lavorare sull’ipertrofia muscolare e sulla capacità di sostenere allenamenti sempre più intesi, oltre all’aumentare il NEAT che spesso è la chiave fondamentale per dimagrire o mantenere il peso mangiando relativamente molte calorie e non essere costretti a “fare la fame” a vita per restare in forma.
Cercare di “costruire” il metabolismo ragionando solo sull’alimentazione invece che sull’attività è utopia.
Qui di seguito una approfondimento più tecnico, per gli appassionati e professionisti del settore, di cosa sono e come funzionano questi famosi adattamenti metabolici indotti dal bilancio calorico, che vanno sotto il nome di adattamento alla termogensi.
Cercare di aumentare il metabolismo è una cagata pazzesca (parte tecnica)
In cosa consiste l’adattamento alla termogenesi?
Il dispendio energetico si divide in spesa energetica:
- a riposo
- non a riposo.
La spesa energetica “non a riposo” si suddivide in spesa energetica indotta dall’attività fisica (sport) e al NEAT. Il NEAT è a sua volta suddiviso in attività fisica spontanea (SPA) e attività fisica nel tempo libero o nel lavoro.
Il dispendio energetico a riposo invece comprende sia il metabolismo basale (sia quando si è svegli che quando si dorme) sia l’effetto termico del cibo. Queste 2 variabili non sono volontarie ma dipendono essenzialmente dal SNA (Sistema Nervoso Autonomo).
Effetto termico del cibo
Il dispendio energetico nello stato postprandiale è definito come TEF (effetto termico del cibo); altre espressioni utilizzate sono “azione specifico dinamica, termogenesi postprandiale o DIT, e ammontano ad un valore che va tra il 5 e il 15% dell’assunzione energetica totale giornaliera. Generalmente è misurata a riposo ed è suddivisa in una componente obbligatoria che si riferisce ai costi energetici dati dai processi disgestivi, assorbitivi e di trasformazione metabolica e stoccaggio dei nutrienti, e una componente facoltativa che dipende in parte dagli alimenti e in parte dalla stimolazione del sistema nervoso simpatico.
Termogenesi Adattativa in stato di non-riposo
I cambiamenti adattativi di produzione di calore nello stato di “non riposo” sono molto più difficili da valutare in quanto costituiti dalla sovrapposizione di diversi sub-compartimenti. Nell’interpretare il costo energetico dell’attività fisica è importante sottolineare che l’attività fisica è spesso usata come sinonimo di “lavoro”. L’efficienza di lavoro muscolare durante l’esercizio fisico dinamico è bassa (circa il 25%) ma quello dell’attività fisica spontanea (SPA), come ad esempio il mantenimento del tono muscolare e della postura, è ancora inferiore poiché questi sono essenzialmente attività involontarie che comprendono una maggior proporzione di lavoro isometrico. Il lavoro isometrico è considerato di per sé, semplicemente termogenico. Le variazioni della quantità di SPA rappresentano essenzialmente l’autoregolazione del dispendio energetico. In questo contesto, un aumento della quantità di SPA come risposta alla sovralimentazione, o una diminuzione durante la malnutrizione, fa parte dei cambiamenti adattativi per la regolazione del peso corporeo.
L’attività fisica spontanea
La prova principale che dimostrava come la SPA fosse soggetta a variazioni fini alla regolazione del peso corporeo deriva agli 8 uomini e donne che parteciparono all’esperimento Biosfera 2. In questo esperimento fu visto come in seguito a carenza di cibo per un periodo di 2 anni accompagnò una perdita di peso (circa 15%) associata, però, a livelli marcatamente inferiore di SPA, che, così come l’EE giornaliera, persisteva anche diversi mesi dopo l’inizio del recupero del peso. Questa osservazione suggerisce un’importante implicazione di questi adattamenti metabolici nella genesi del recupero del peso post-dieta, con una ripartizione sproporzionata della massa grassa rispetto alla massa muscolare. C’è variabilità tra persona a persona per quanto riguarda la risposta della diminuzione di SPA e di come questa contribuisce alla predisposizione all’obesità o al recupero del peso.
Studi successivi hanno indicato che SPA è un tratto familiare e predittore di un successivo aumento di peso nel corso egli anni successivi. In realtà, una principale conclusione dei primi esperimenti di Miller et al. è che la resistenza all’obesità in alcuni individui non poteva essere rappresentata da un aumento del dispendio energetico a riposo (BMR o TEF), ed è stato postulato che risieda in un aumento del dispendio energetico associato a semplici attività di basso livello della vita di tutti i giorni. Questa nozione fu confermata e supportata da Levine et al. che suggerirono che l’aumento del dispendio energetico giornaliero in risposta alla sovralimentazione potrebbe essere attribuito dalle variazioni del NEAT. Quest’ultimo è il predittore più significativo di guadagno di grasso nei soggetti sovralimentati. Levine et al. attribuirono l’aumento del NEAT ad un aumento dei bassi livelli di SPA. Tuttavia si potrebbe anche attribuire questi aumenti di NEAT alla diminuzione dell’efficienza del lavoro muscolare, volontario o spontaneo.
Efficienza del lavoro muscolare
Già negli esperimenti di Leibel già citati, l’autoregolazione del peso corporeo per quanto riguarda l’aumento o la diminuzione del dispendio energetico nello stato di non-riposo non poteva essere spiegato dai cambiamenti nella quantità di tempo trascorsa in attività fisica. Invece, l’efficienza del lavoro muscolare durante attività a bassa intensità è risultata diminuita del 18% o aumentata del 25% durante un mantenimento del peso forzato del 10% al di sopra o al di sotto del solito peso corporeo. Questi cambiamenti in termini di efficienza del muscolo in seguito ad alterazione del peso corporeo potrebbe rappresentare circa 1/3 della variazione energetica giornaliera consumata nello stato di non-riposo (cioè, associato all’attività fisica).
La riduzione della termogenesi adattiva basata sulla riduzione dei costi energetici associati all’esercizio fisico, quando si riduce il peso corporeo, è coerente con le altre segnalazioni di un aumento dell’efficienza di lavoro del muscolo scheletrico dopo la riduzione della massa magra in soggetti obesi e, in generale, durante la sottoalimentazione.
La termogenesi adattiva
Bisogna tenere a mente una grandissima e importante verità: il bilancio energetico è estremamente dinamico e variabile e il nostro organismo attua una serie di meccanismi di adattamento alla perdita o all’aumento del peso che, spesso, portano a stimare in modo eccessivamente impreciso sia l’aumento che la diminuzione di grasso nel tempo e dell’assunzione energetica necessaria per la perdita di peso. I meccanismi di adattamento possono essere classificati essenzialmente in 2 macro-categorie:
- adattamento compensatorio del metabolismo
- adattamento compensatorio comportamentale
Per quanto riguarda gli adattamenti metabolici parliamo principalmente dei cambiamenti nel tasso metabolico a riposo, dell’equilibrio dei fluidi, dell’effetto termico del cibo e dell’attività fisica spontanea. Tutti questi fattori variano “automaticamente” con il fine di mantenere un certo livello di peso (e di grasso).
Per quanto riguarda i “cambiamenti comportamentali”, dobbiamo sapere che quando aumentiamo l’attività fisica o l’apporto energetico tentando di creare bilancio energetico negativo, avremo una risposta adattiva che consiste nella riduzione del dispendio energetico volontario. Analogamente quando siamo in ipocalorica e stiamo dimagrendo il senso di fame tenderà ad aumentare e sarà tanto più prepotente quanto più ci si avvicina o si scende al di sotto del set point. Il meccanismo dell’aumento della fame è da considerare un adattamento dell’organismo atto a indurre il soggetto a mangiare di più, assumere, di conseguenza, più calorie e stabilizzare il peso corporeo rendendo vani gli interventi dietetici o l’aumento dell’attività fisica (questo, ovviamente, quando il comportamento alimentare non è altamente controllato).
Diminuzione della termogenesi durante il deficit energetico indotto dall’assunzione alimentare o aumento della termogenesi in caso di iperalimentazione
Questi meccanismi prendono il nome di adattamento alla termogenesi: tenderemo ad abbassare il tasso di produzione di calore durante il deficit energetico (aumenteremo la nostra efficienza metabolica, ovvero la capacità di utilizzare i nutrienti provenienti dalla dieta riducendo la produzione di calore) e tenderemo ad aumentare il tasso di produzione di calore durante l’iperalimentazione (aumenteremo la nostra inefficienza metabolica, ovvero, la capacità di dissipare in calore l’eccesso di energia) in modo da salvaguardare il nostro peso corporeo e non ingrassare.
In realtà in passato c’era dibattito nello stabilire l’esistenza o meno di tale adattamento alla termogenesi; una volta accertata la sua esistenza, il dibattito si è spostato nel valutare quanta rilevanza o importanza (dal punto di vista quantitativo) abbia tutto ciò nell’omeostasi del peso corporeo e, quindi, quanto tutto ciò sia rilevante per quanto riguarda la patogenesi dell’obesità o la difficoltà nel mantenere il peso corporeo raggiunto in conseguenza di una dieta dimagrante (quindi ipocalorica).
A livello concettuale, la ricerca si divide sostanzialmente in 2 parti in quanto alcuni tendono addirittura a mettere in discussione il fatto che il peso corporeo sia una variabile regolamentata, altri, meno drastici, tendono a dire che il peso corporeo è, quanto meno, una variabile mal regolata visto l’aumento dell’obesità nel mondo. Ad ogni modo altri autori spingono nel considerare che il fatto che in un dato ambiente obesogenico esistono molti individui adulti nei quali il peso corporeo rimane relativamente stabile nel corso degli anni e decenni, apparentemente senza un controllo cosciente (la maggior parte delle persone, anche quelle magre e in forma, non seguono mica una dieta particolare o contano kcal e grammature per ogni cosa che mangiano), potrebbe invece suggerire che il peso corporeo è regolato ed è anche regolato con grande precisione, almeno in questi individui.
In realtà in ricerca non si può speculare in modo così grossolano: il mantenimento di un peso costante nel tempo non è per nulla una prova diretta del fatto che il peso sia regolamentato. Una caratteristica fondamentale di qualsiasi sistema regolamento è che, quando c’è un insulto all’equilibrio, all’omeostasi, quindi quando c’è qualsiasi fattore che determina uno squilibrio nel suddetto sistema, questo reagisce attuando risposte adattive compensatorie che tendono ad a “neutralizzare” la perturbazione ripristinando l’equilibrio. Quindi, per dimostrare che il peso corporeo sia regolato, bisognerebbe dimostrare che un soggetto, in seguito ad aumento del peso (per qualsiasi motivo che non sia, ovviamente, effetto di una patologia che esprime difetti del metabolismo), ritornerà nel tempo al peso corporeo normale originario.
In effetti le osservazioni sugli adulti che recuperano il loro peso corporeo dalla carenza di cibo durante la carestia del dopoguerra o in studi sperimentali, indicano che un ritorno al peso corporeo normale è raggiunto nel tempo. Allo stesso modo, l’eccesso di peso guadagnato durante l’eccesso di cibo sperimentale o durante la gravidanza è successivamente perso, e la maggior parte delle persone torna al peso corporeo originario. Appare evidente quindi che la regolamentazione del peso corporeo esiste, semplicemente si verifica in molti esseri umani con diversi livelli di accuratezza e variazioni sostanziali nelle modalità con cui questo sistema di regolazione opera. Queste sono le caratteristiche basilari alla base della regolazione del peso corporeo:
- le persone non bilanciano il loro apporto energetico e dispendio energetico in un giorno e giorno per giorno. In poche parole non è che l’eccesso energetico di un giorno viene compensato spontaneamente dal bilancio energetico negativo del giorno successivo;
- anche perturbazioni minime nel bilancio energetico possono portare a obesità: la costanza a lungo termine del peso corporeo, cioè il suo mantenimento nel giro di pochi kg nel corso di decenni, può essere raggiunto anche se l’incontro tra l’assunzione di energia e dispendio energetico è estremamente preciso in quanto un errore teorico di solo l’1% tra ingresso e uscita di energia, se persistente, porterà ad un guadagno o una perdita di circa 1 kg ogni anno. Tuttavia, una differenza del 5% tra l’assunzione di energia e il dispendio energetico è difficilmente misurabile con le tecniche oggi disponibili. Molti ricercatori, infatti, hanno calcolato la grandezza del ‘gap di energia’ necessaria per rendere progressivamente una popolazione in sovrappeso / obeso un certo numero di anni o decenni e questi calcoli dimostrano che un piccolissimo squilibrio ogni giorno (ad esempio 50-100 kcal), è più che sufficiente per raggiungere uno stato di obesità in qualche anno. Attenzione, ovviamente tutto ciò è puramente ed esclusivamente di interesse accademico poiché il gap di energia non è mai costante nella vita reale sia come apporto energetico sia come EE; questi fluttuano giorno per giorno. Per di più, quando consideriamo questi gap di energia, soprattutto per un prolungato periodo di tempo, trascuriamo qualsiasi adattamento correttivo sia metabolico che comportamentale (vedi l’aumento o la riduzione dell’EE dato dall’adattamento degli ormoni tiroidei oppure il NEAT che si riduce, anche involontariamente);
- il peso corporeo assolutamente non è quasi mai costante, piuttosto è soggetto a continue fluttuazioni: anche per quegli individui che mantengono un corpo magro apparentemente in maniera costante e stabile per decenni (cioè, un soggetto, a 20 anni pesava circa 70 kg e a 35 anni la sua massa corporea era più o meno la stessa, in realtà il peso corporeo è stato soggetto, nel corso delle settimane, dei mesi e degli anni, a fluttuazioni di peso. Il peso corporeo in realtà fisiologicamente tende ad oscillare attorno ad un valore medio costante. Queste oscillazioni sono dovute a fattori culturali e sociali (feste di fine settimana , periodi di vacanza, matrimoni ed abbuffate, ecc.), psicologici (stress, ansia o emozioni forti) e fisiopatologici (da perturbazioni di salute minori, ad esempio influenza a stati di malattia più gravi). Secondo Garrow le oscillazioni di peso nel breve-brevissimo periodo (all’interno dello stesso giorno e da un giorno all’altro) hanno una deviazione standard di circa 0,5% del peso corporeo, mentre le osservazioni per periodi compresi tra i 10 e i 30 anni indicano che gli individui hanno sperimentato variazioni del peso corporeo anche intorno al 20%. Comprendiamo bene quanto detto: un soggetto di 70 kg anche all’interno dello stesso giorno può pesare, in media, anche 400 grammi in meno o in più. La grande capacità di regolazione del peso corporeo può essere apprezzata dall’estrapolazione delle misure ottenute giorno per giorno del peso corporeo per anni in condizioni di vita libera in un giovane uomo in buona salute di normale indice di massa corporea (BMI). In poche parole, nonostante un soggetto sano con BMI normale mantiene grosso modo uguale (poniamo una tolleranza di circa 1-2 kg sia in meno che in più al valore “set”) il proprio peso corporeo anche a distanza di 4 anni, questo subisce fluttuazioni notevole, anche di 1-2 kg in meno o in più, continuamente a distanza di giorni, settimane, mesi, anni.
In poche parole, ciò che possiamo concludere, è che il meccanismo di regolazione del peso corporeo è scarsamente preciso a breve-brevissimo termine, quando esaminiamo il peso corporeo giorno per giorno o comunque a distanza di brevi periodi di tempo (anche settimane o mesi), ma il sistema è regolato molto finemente se esaminiamo la regolazione del peso corporeo a distanza di anni.
Da tempo è stato proposto che, nel complesso, il sistema di mantenimento dell’omeostasi per quanto riguarda il peso corporeo è costituito da un relativamente semplice meccanismo fisiologico di feedback negativo. Qualsiasi squilibrio tra la richiesta di energia e l’introduzione di questa, si tradurrebbe in un cambiamento di peso corporeo, che, a sua volta, altererebbe il fabbisogno energetico in una direzione o un’altra e andrebbe, quindi, a contrastare lo squilibrio originario. In poche parole, il sistema presenta un equilibrio assolutamente dinamico soggetto a stabilizzazione dal sistema stesso (self-stabilization).
Ad esempio, un aumento del peso corporeo comporterebbe un aumento del dispendio energetico sulla base del supplementare costo energetico per la sintesi e la manutenzione della nuova massa magra o grassa, oltre che per l’aumento del dispendio energetico dato dal fatto che il peso è aumentato (un corpo più pesante richiede più energia per essere mosso o spostato). Tutto ciò produrrebbe, di riflesso, un bilancio energetico negativo (a meno che non ci si adatta a mangiare più di prima) e quindi il risultato sarà un successivo declino del peso corporeo al suo valore originale o “set point”. Analogamente, una riduzione del peso corporeo sarebbe automaticamente corretto poiché l’EE diminuirà per via della perdita di peso e tutto ciò produrrà un saldo positivo per quanto riguarda il bilancio energetico e quindi un successivo ritorno verso il peso corporeo originario.
In realtà, tuttavia, il sistema omeostatico è molto più complesso di questo semplice effetto dato dall’aumento o meno della massa corporea poiché l’efficienza del metabolismo (efficienza o inefficienza metabolica) è in grado di modificarsi in risposta proprio ai cambiamenti del peso corporeo. Come dimostrato negli esperimenti di Leibel et al. che studiavano proprio il cosiddetto fenomeno dello “stallo”, i soggetti che, dopo un periodo di sovralimentazione hanno mantenuto il loro peso corporeo ad un livello del 10% superiore rispetto al peso solito, hanno mostrato un aumento dell’EE giornaliero di circa il 15% al di là delle variazioni previste sulla base dei cambiamenti del peso corporeo e della composizione corporea. Al contrario, soggetti che dopo un periodo di ipocalorica hanno mantenuto il peso corporeo ad un livello del 10-20% al di sotto del peso originario, hanno mostrato una diminuzione dell’EE giornaliero del 15% circa al di là delle variazioni dovute alla perdita di peso. Queste variazioni dell’EE (che aumenta o diminuisce) riflettono proprio le variazioni dell’efficienza metabolica che si oppongono al mantenimento di un peso corporeo differente dal solito; l’entità di tali adeguamenti nell’EE è risultato essere simile sia nei soggetti obesi che nei non obesi e, sia negli uomini che nelle donne.
Un esame più attento dei dati ricavati da questi esperimenti, rivela che c’è, però, una grande variabilità inter-individuale nelle variazioni di peso corporeo e di EE, con alcuni individui che mostrano una minima se non nessuna evidenza di alterata efficienza metabolica, mentre altri hanno mostrato un marcato cambiamento dell’efficienza metabolica nella direzione che si oppone alla variazione di peso corporeo (se stiamo dimagrendo e quindi riduciamo il nostro peso corporeo, l’efficienza metabolica aumenta, per fare in modo di dissipare meno energia in calore e quindi sfruttare maggiormente la ridotta disponibilità di cibo, e viceversa).
In effetti, la caratteristica più evidente degli studi di sovralimentazione fatta sull’essere umano (questi studi sperimentali hanno una durata che va da poche settimane a qualche mese) è proprio la vasta gamma di variabilità tra i singoli individui per quanto riguarda quantità di aumento di peso per lo stesso eccesso energetico. In poche parole, si è notato che presi 100 soggetti, con lo stesso stimato eccesso di energia, l’aumento del peso corporeo era differente tra i soggetti. Ovviamente alcune di queste differenze nell’aumento di peso può essere attribuito alla variabilità interindividuale nel guadagno di massa magra o grasso (cioè, la variabilità per quanto riguarda il guadagno di massa magra o grassa), ma c’è anche la possibilità che parte di questa variabilità è causata dalla variabilità interindividuale nel convertire le calorie in eccesso in calorie, cioè nella “diet induced termogenesi” (DIT). Dall’analisi di una moltitudine di studi è stato stimato che almeno il 40% dei soggetti che sono stati iperalimentati sono andati incontro ad un aumento del DIT, sia pure in misura diversa. I geni (la genetica) giocano un ruolo importante nella variabilità di aumento del peso corporeo; molti studi sui gemelli, in particolare l’esperimento di sovralimentazione a lungo termine di Bouchard et al. hanno indicato che i fattori genetici sono coinvolti nel partizionamento tra massa magra e tessuto grasso e nella risposta dell’EE. Le differenze tra accumulo di massa magra e grassa (e quindi il partizionamento dell’aumento di peso, tra grasso e muscolo principalmente), così come le variazioni dell’efficienza metabolica, giocano, insieme al controllo del comportamento alimentare, un ruolo importante nella regolazione del peso e della composizione corporea, e che le grandezze di queste risposte, definite come adattamenti metabolici atti a limitare la perdita o l’aumento del peso, sono fortemente influenzati dalla genetica individuale.
L’articolo: Cercarre di aumentare il metabolismo è di Domenico Aversano e Daniele Esposito
Domenico Aversano
Domenico è un personal trainer certificato ISSA (CFT3), istruttore di Body Building certificato IFBB italia, studente di biologia generale ed applicata presso l’università degli studi di Napoli Federico II e grande appassionato di tutto ciò che concerne l’allenamento e l’alimentazione.
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Blog : http://skepticaldragoon.it
Dr Daniele Esposito
Laureto in Scienze Motorie e Nutrizione, lavora come personal traine a Napoli e provincia.
Sulla sua pagina Facebook pubblica molti articoli ed interventi interessanti da seguire.
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