La Panca Stretta è uno degli esercizi multiarticolari utilizzati per la stimolazione del muscolo tricipite in palestra. Ad oggi, frequentando un centro fitness medio, ciò che risulta ancora poco chiaro è quando deve essere stretta questa presa. Strettissima, a distanza di due pollici, larghezza spalle, le possibilità sono svariate e ognuna è associata alle più svariate teorie. Vediamo di fare un pochino d’ordine. Una rapida analisi biomeccanica delle varie possibilità di prese sul bilanciere presenti ad oggi in sala attrezzi permetterà di capire quale sia la migliore sotto tutti i punti di vista, dal beneficio muscolare a quello articolare.
Statisticamente, osservando con occhio esterno la sala pesi, l’esecuzione più frequentemente consigliata prevede una presa molto stretta come trucchetto magico per stimolare maggiormente il tricipite, sia che si stia eseguendo una Panca Stretta appunto ma anche quando si è alle prese con i Push-up stretti. L’indicazione generale è quella di impugnare il bilanciere con le mani distanziate solo di due pollici oppure, se si eseguono dei Piegamenti, con le mani poste a terra a “diamante”.
Innanzitutto è bene iniziare a comprendere per quale motivo stringendo la presa vi dovrebbe essere un’intensificazione del lavoro sui tricipiti per non prendere sempre tutto come oro colato e iniziare a porre le basi per qualche importante riflessione. Dando per assodato come si esegue la Panca Piana classica, il piano di movimento interessato e i muscoli sono coinvolti, utilizzando una presa stretta, notiamo subito due cambiamenti:
- a mano a mano che stringiamo la presa, il piano di movimento si sposta da trasversale a sagittale e il movimento eseguito diviene più una flessione di spalla e meno un’adduzione orizzontale;
- il passo delle mani più stretto, aumenta la flessione del gomito in eccentrica e ciò fa aumentare le richieste di lavoro sul tricipite nell’atto di estendere il gomito.
Il risultato di tale cambiamento va a comportare quindi una riduzione del lavoro sui fasci sterno-costali del pettorale (ma non sui fasci claveari che invece beneficiano della diminuita larghezza della presa) e un aumento di lavoro sul tricipite, che nella pratica si traduce in un drastico calo del peso potenzialmente sollevabile sul bilanciere (spostamento dell’onere del carico da muscoli grossi a muscoli più piccoli ad angoli di lavoro sfavorevoli). Stessa cosa accade nei Piegamenti sulle braccia con la sola differenza che il peso da spostare siete voi. Fin qui nulla da dire.
La domanda da fare a questo punto è una sola: quanto stretta questa presa? Ad ascoltare i fanatici dei Piegamenti a “diamante” sembrerebbe molto stretta, in sostanza con le mani quasi a contatto una sopra l’altra. Analizziamo per bene cosa accade con una presa così stretta, osservando in primis i risvolti dal punto di vista muscolare. Stringere eccessivamente la presa appare a prima vista uno stratagemma per aumentare la flessione di gomito in eccentrica e aumentare così l’attività del tricipite. Tuttavia non è da trascurare un fattore conseguente a questo: nell’atto di portare il bilanciere al petto, a un certo punto della discesa, se la presa è molto stretta gli avambracci verranno a contatto con il busto e i gomiti “spingeranno” in fuori. Ciò determina un cambio del piano di movimento dell’omero da sagittale a trasversale con un coinvolgimento maggiore del pettorale, una conseguenza che va nella direzione opposta rispetto a quelli che sono gli obiettivi reali dell’esercizio ovvero una stimolazione maggiore del tricipite.
Come se non bastasse qualche dubbio rispetto allo stringere eccessivamente la presa nasce anche se consideriamo il punto di vista della salute articolare. Lungi da me fare terrorismo ma nell’osservare una presa molto stretta si nota come polso e gomito siano tutt’altro che in linea tra loro e l’avambraccio è tutt’altro che perpendicolare al pavimento. Il tutto con i ringraziamenti del polso per le forze di taglio alle quali risponde prontamente, ma delle quali vorrebbe e potrebbe fare volentieri a meno.
Quindi? Quanto stretta questa presa? Quale compromesso ideale per attivare maggiormente il tricipite tutelando le articolazioni? La risposta la trovate nella larghezza della presa che riesce a correggere entrambi i difetti di quella precedentemente analizzata.
Una larghezza sicuramente soggettiva ma che deve appunto:
- mantenere in asse gomito e polso e mantenere l’avambraccio perpendicolare al terreno durante la spinta del bilanciere o del vostro corpo;
- impedire ai gomiti di “allargarsi” (abduzione orizzontale dell’omero) durante la discesa per preservare il piano sagittale che diminuisce l’intervento del pettorale e aumenta contemporaneamente quello del tricipite.
La larghezza che permette tutto ciò è quella del vostro busto. Prima di impugnare il bilanciere o di posizionare le mani a terra verificate su voi stessi quanto larga sarà la presa. Ricordate comunque che la modalità a presa stretta attiva molto anche la parte alta del pettorale. Inoltre la traiettoria di spinta varierà leggermente rispetto a quella della panca classica in quanto, per permettere di mantenere polso e gomito in asse, il bilanciere dovrà necessariamente finire sotto i capezzoli di qualche centimetro. Tranquilli, tutto nella norma.
Alla Chest Press il problema non si pone, i supporti verticali sono già posizionati e non ci sono alternative nella larghezza da attuare: quest’ultima sarà comunque ottimale e non comporterà le problematiche che ho descritto sopra.
In definitiva il mio consiglio è di abbandonare i Piegamenti a “diamante” o le prese strettissime al bilanciere, per intenderci quelle che si consigliano spesso con la distanza di due pollici. Come visto si può fare di più e meglio per reclutare i tricipiti in sicurezza.
Scopri Project Exercise![Project Exercise]()
L'articolo Panca stretta per i tricipiti: come eseguirla correttamente proviene da Project inVictus.