Benvenuti al terzo articolo sullo strappo! Se state leggendo anche questo pezzo vuol dire che siete sopravvissuti ai primi due e volete saperne di più, ma stavolta avrete davvero pane per i vostri denti…
Qui trovate i primi due episodi della guida sullo strappo:
Nei due articoli precedenti abbiamo descritto la posizione di partenza, poi quella al ginocchio e, infine, la prima tirata. Questa volta ci occuperemo di analizzare la seconda tirata (o second pull, secondo la terminologia anglosassone), cioè quella porzione della tirata che va dal ginocchio fino all’inguine e che rappresenta, probabilmente, la parte più importante e al tempo stesso più complessa dello strappo. Ma prima…
Disclaimer 1. Quella che sto per illustrarvi, come del resto ciò che vi ho esposto finora, rappresenta la mia personale interpretazione tecnica dell’esercizio e non vuole essere una verità assoluta anche perché, come immaginerete, nella pesistica, al pari di altri sport, non esiste solo il bianco o il nero ma tutta una serie di sfumature che cambiano da scuola a scuola e da allenatore ad allenatore, e che possono essere comunque corrette.
Disclaimer 2. Cercherò di essere il più chiaro e preciso possibile ma non posso, ahimè, sostituirmi all’occhio di un bravo tecnico che, dal vivo, momento per momento, potrà dirvi quali errori commettete e come fare a correggerli. Trovatene uno e fidatevi di lui!
Torniamo alla nostra chiacchierata. La seconda tirata, didatticamente, può essere suddivisa in tre micro fasi: una fase di transizione, una fase di accelerazione e la fase di contatto con il bacino ed estensione massima. Ricordiamoci però che si tratta di un artificio: il movimento deve essere fluido, senza interruzioni o “scatti” che ne comprometterebbero l’efficienza!
FASE DI TRANSIZIONE
La fase di transizione è quella porzione della seconda tirata che inizia al ginocchio e si conclude a metà coscia circa.
Incominciamo allora con l’assumere la posizione al ginocchio vista la volta scorsa e controlliamo che il nostro set-up sia corretto: stiamo guardando il punto fisso e coprendo con le spalle il bilanciere? Le scapole sono addotte e depresse? Abbiamo le braccia intraruotate? La schiena è iperestesa? Siamo in equilibrio, con il peso più o meno al centro del piede?
Bene, una volta sicuri che tutto sia in ordine, iniziamo a spingere con le gambe contro il pavimento (continuando idealmente la prima tirata) e, al contempo, estendiamoci col busto. Mi raccomando però, l’apertura del busto deve essere sincrona con la distensione delle gambe! Evitiamo di drizzare il busto troppo presto, rischieremmo di perdere una buona porzione di spinta. A questo proposito, un indice di verticalizzazione prematura è rappresentato dal movimento delle ginocchia: queste dovrebbero rimanere praticamente fisse nella posizione assunta quando il bilanciere era appena sopra la rotula. Se le ginocchia slittano in avanti, “infilandosi” sotto il bilanciere, vuol dire che abbiamo drizzato il busto troppo in fretta. Se, viceversa, scappano indietro è probabile che abbiamo invece raddrizzato troppo le gambe, rimanendo inclinati col busto. Prestiamo attenzione a questo particolare, nasconde uno degli errori più comuni per un principiante.
Teniamo il bilanciere vicino alla coscia usando i dorsali. E per vicino intendo proprio vicino, al punto da strusciarsi. Anche in questo caso non esageriamo, l’eccessivo attrito, oltre a scorticarci, penalizzerà lo scorrimento fluido del bilanciere e la sua velocità.
(bilanciere troppo lontano)
Altra considerazione importante è che, anche in questa parte della tirata, le braccia rimangono rilassate. Non facciamoci sopraffare dalla frenesia di tirare in alto il bilanciere solo perché stiamo facendo una tirata! Staccheremmo il bilanciere dalle cosce costringendolo ad una traiettoria lontana dal corpo che quasi inevitabilmente finirà per decretare il fallimento dell’esercizio.
E poi, pensiamo veramente di poter tirare con le braccia carichi elevati? Può andare con 40, 50 o 60 chili, ma poi? Insomma, ripeto, le braccia non tirano nulla (almeno per ora). A questo proposito vorrei fare una considerazione, forse sfora un po’ nel filosofico, però vi prego di seguirmi. Molti degli errori di un principiante sono accumunati da un fattore, cioè quello di voler tirare il bilanciere il più in alto possibile per avere il tempo e lo spazio per accosciare e riceverlo. “Errore? Ma non è quello a cui serve la tirata?” starete dicendo. E dite bene!
Facciamo però una piccola precisazione: il principiante non deve concentrarsi sul muovere il bilanciere, bensì imparare a muoversi col bilanciere. Tutto il discorso della traiettoria, dell’accelerazione ecc ecc. è semplicemente una conseguenza del movimento del nostro corpo. Stiamo attenti a spingere con le gambe, aprire il busto al momento giusto ed estenderci completamente? L’alzata andrà bene. Pensiamo a scagliare il bilanciere in alto? Ecco che infiliamo le ginocchia, tiriamo con le braccia, anticipiamo la discesa e lo strappo va a farsi benedire. Quindi impariamo prima a gestire per bene il nostro corpo!
Ricapitolando: dalla posizione al ginocchio cominciamo a spingere con le gambe per terra e, contemporaneamente aprendoci col busto, arriviamo a metà coscia circa. Dopo tutto è banale, no? In effetti il sollevamento pesi, come mi disse una volta un Maestro, è semplice come alzarsi in piedi. Attenzione, semplice, non facile…
FASE DI ACCELERAZIONE
La fase di accelerazione è quella che inizia a metà coscia circa e si conclude con l’incontro del bilanciere con il bacino.
Scommetto che vi starete chiedendo: “perché, se accelerare il bilanciere è così importante, non iniziamo ad esplodere da subito, dal ginocchio? Un’accelerazione più lunga ci permette di far raggiungere al bilanciere una velocità maggiore e quindi un’altezza più elevata, vero?”
Osservazione giusta ma che tralascia la complessità dell’esercizio in toto. È vero che l’accelerazione che imprimeremo al carico è fondamentale ma non dimentichiamo che esiste un altro particolare, altrettanto fondamentale, rappresentato dalla traiettoria. Se acceleriamo da subito, esattamente come dicevamo a proposito della prima tirata, rischiamo di perdere il controllo del carico e addio traiettoria corretta. Anche in questo caso quindi dobbiamo trovare un compromesso, cioè accelerare il bilanciere il più a lungo possibile senza però pregiudicare la traiettoria. Un buona idea è quello partire ad accelerare da metà coscia, poco più su o poco più giù.
Iniziamo quindi la descrizione della fase di accelerazione parlando della traiettoria. Non complichiamoci troppo la vita e continuiamo quello che stavamo facendo nella fase di transizione: raddrizziamo le gambe ed estendiamoci col busto, in maniera coerente, senza muovere le ginocchia in avanti o indietro, facendo scorrere il bilanciere sulla coscia. Concludiamo il movimento col bilanciere all’inguine, le gambe quasi stese e il busto ancora leggermente flesso.
Ed è proprio su questa traiettoria che dobbiamo inserire il turbo. Ma… come si accelera? Domanda che sembra stupida ma che non lo è. Così come non lo è la risposta: con le gambe e con la schiena, principalmente. Spingiamo le gambe a terra con più veemenza, raddrizzandole più velocemente e al contempo aprendoci più violentemente col busto. È importante che vi sia sempre una concordanza tra i due movimenti (delle gambe e del busto).
Qui però sorge un problema, bello grosso, almeno all’inizio. Se siete stati attenti, finora abbiamo solo parlato di posizioni statiche (quella di partenza e quella al ginocchio) e di movimenti controllati (la prima tirata e la fase di transizione della seconda tirata). Tutto sommato, i movimenti lenti ci permettono di controllare il nostro corpo e il bilanciere piuttosto bene. Sì, è vero, prima abbiamo visto che gli errori ci sono e si fanno lo stesso, ma sono tutti ampiamenti evitabili con un po’ di attenzione. Ora però introduciamo l’accelerazione. Questa scompiglia tutto: se pensiamo ad accelerare con le gambe ci dimentichiamo di aprirci col busto, oppure verticalizziamo il busto con forza ma scordiamo di usare le gambe, oppure ancora, presi dall’impeto, tiriamo con le braccia… Questi errori sono assolutamente normali. Voi non sapete quante volte ho bacchettato (e ancora bacchetto) i ragazzi che seguo su queste cose. Credo siano arrivati al punto da odiarmi profondamente ma sanno (spero!) che lo faccio per il loro bene!
Come dico sempre per rincuorarli, il sollevamento pesi è una coperta corta: quando ci imbacucchiamo i piedi ci rimane fuori la testa e viceversa. Pensiamo ad accelerare e ci dimentichiamo di estenderci, acceleriamo e ci estendiamo col busto ma lasciamo indietro le gambe… Perdiamo sempre qualcosa! E il motivo di tutto ciò è da ricercare, oltre che nella scarsa coordinazione, in velocità di un principiante, anche nel fatto che questo pensa troppo a ciò che sta facendo. Avete visto quanti dettagli ci sono da considerare e, all’inizio, metterli insieme, non è affatto automatico. Se pensiamo di voler fare un movimento nel momento stesso in cui lo eseguiamo, soprattutto durante questa fase, il fallimento è praticamente certo. Troppe cose da mettere in fila e troppo poco tempo per attuarle in maniera ragionata. Piano piano, con l’allenamento costante, riusciremo a fare nostri tutti questi particolari e poi ad amalgamarli correttamente senza pensare al singolo tassello, ma focalizzandoci sul movimento nel suo insieme.
Insomma, come detto all’inizio, siamo arrivati al punto cruciale dell’esercizio: è in questa fase che si deciderà, in buona parte, se lo strappo andrà a buon fine o meno, ed è in questa parte che emergono tanti errori. Ripeto, è assolutamente normale sbagliare tutto, anzi, sarebbe strano se così non fosse! Volete un consiglio? Dovete avere pazienza, pazienza e ancora pazienza e prima o poi imbroccherete la strada giusta.
FASE DI CONTATTO COL BACINO ED ESTENSIONE MASSIMA
In questa fase il bilanciere colpisce il bacino e si ha l’estensione massima del corpo che coinvolge anche le caviglie, braccia e spalle.
Perché mi soffermo su questo passaggio? È così fondamentale? In un certo senso sì. Il movimento del bacino, se effettuato correttamente, da un ulteriore aiuto all’elevazione del bilanciere. Se fatto bene, appunto. Se fatto male, invece, è il disastro. Scendiamo nel dettaglio.
Abbiamo visto che la fase di accelerazione prima descritta si conclude col bilanciere all’inguine, le gambe quasi stese e il busto ancora leggermente flesso. A questo punto non dobbiamo commettere l’errore di sparare il bacino in avanti per dare una botta al bilanciere. No, davvero, non facciamolo, anche se “quelli americani che sollevano tanti chili” lo fanno. Semplicemente è un modo grezzo (passatemi il termine) di affrontare questo passaggio. E il perché è presto detto: il colpo d’anca aggiunge una componente orizzontale alla traiettoria del bilanciere che, di certo, non è un bene per l’esito dell’alzata. Più il bilanciere si sposta lontano da noi, più ci scappa, e più sarà difficile da incastrare correttamente, con alte probabilità di fallire l’alzata. Ok, ma se il bacino non incontra il bilanciere, che dobbiamo fare? Semplicemente l’inverso, cioè dobbiamo far sì che sia il bilanciere a prendere contatto col bacino. Nella fase di accelerazione tiriamo quindi i dorsali, quasi a voler fare una remata, e avviciniamo il bilanciere al bacino. Non esageriamo eh, altrimenti scadiamo nell’errore di inforcare sebbene, in questa fase, un piccolo avanzamento del ginocchio è tollerato. Questione di misura e di tempismo. Il bacino quindi “accoglie” il bilanciere e si estende. Mi raccomando, NON in fuori però.
(eccessiva estensione)
Parliamo quindi un po’ dell’estensione. È fondamentale estendersi verso l’alto. In realtà, soprattutto con carichi elevati, l’estensione, pur essendo su una linea retta, sarà leggermente inclinata all’indietro, per compensare il peso del carico stesso. Enfatizzo però il concetto di “verso l’alto” perché spesso, soprattutto con pesi che incominciano a diventare interessanti, potremmo avere la tendenza a piegarci verso l’indietro, schienando. No, non si schiena.
A dirla tutta, una minima iperestensione è consentita, anzi, è addirittura ricercata, solo non si tratta dell’iperestensione del tratto lombare della colonna vertebrale bensì di quello toracico: dobbiamo pensare ad aprire gli spazi intercostali, quasi a voler prendere un respiro profondo (ovviamente, come già detto all’inizio della nostra chiacchierata, lo strappo va eseguito in apnea). Questo piccolo particolare, che consente di portare le spalle leggermente indietro, ci permetterà di far tracciare al bilanciere la traiettoria giusta per poterlo ricevere al meglio.
Cosa estendiamo? Bè, chiaramente le gambe ed il busto (compresa la piccola iperestensione del tratto toracico della colonna), ma anche le caviglie, arrivando sull’avampiede. Non facciamo i ballerini però, ricercare troppo la punta, pur facendoci guadagnare qualche centimetro in altezza, potrebbe farci perdere stabilità e impedirci di trasferire efficacemente a terra la potenza generata dalle gambe.
Nell’estensione del corpo sono coinvolte anche le spalle e le braccia. Per quanto riguarda le prime il discorso è presto fatto: dobbiamo scrollare i trapezi (cioè elevare le spalle come a volerle avvicinare alle orecchie) in maniera vigorosa, cosa che darà un ulteriore quid all’elevazione del bilanciere.
Arrivati a questo punto devo fare però una precisazione: avete sentito parlare fin dall’inizio di adduzione scapolare, ma forse ho un po’ esagerato. È un comando molto semplice che uso per indurre i principianti ad aprire il petto in partenza e a compattare la schiena, ma in alcuni casi non è la soluzione ideale. L’adduzione troppo forzata rischia di contrarci troppo, rendendoci poco fluidi nel movimento e, tornando al nostro discorso, riduce l’ampiezza della scrollata. Provate la differenza tra adduzione scapolare forzata e retrazione più blanda e valutate ciò che è meglio per voi.
Per quanto riguarda le braccia è dall’inizio che diciamo che vanno tenute rilassate, che devono servire da mero collegamento tra busto e bilanciere, ma qui siamo ad un punto di svolta: nell’estensione assumono un ruolo attivo che non è tanto quello elevare il carico (anche se un loro piccolo contribuito è innegabile) quanto quello di direzionarlo, mantenendolo vicino al corpo. Per questo motivo, al momento dell’estensione, puntiamo i gomiti in alto e leggermente indietro.
Non erriamo però nell’usare le braccia eccessivamente per portarci il bilanciere sopra la testa, ci guasterebbe tutta l’alzata facendoci perdere ritmo e velocità.
Quindi, riassumendo: una volta che il bilanciere ha incontrato il bacino (e non viceversa!) estendiamoci verso l’alto con tutto il corpo, comprese caviglie, spalle e gomiti. Parole, parole e parole per un concetto che può essere riassunto in due righe… è evidente: non ho il dono della sintesi!
A questo punto non ci resta che unire le tre fasi in un solo movimento continuo, fluido, in cui però l’accelerazione dovrà essere vigorosa ed evidente.
Siamo così arrivati a concludere la descrizione della seconda tirata, è stata dura ma ce l’abbiamo fatta. Visto l’argomento un po’ complesso da spiegare a parole (in questo senso sono molto utili i video di Federico Fontana) è possibile che in qualche punto non sia stato chiarissimo. Se così fosse non abbiate timore a farmi domande o critiche, sarò qui pronto a rispondervi.
Vi ringrazio per avermi seguito fino a qui e arrivederci al prossimo articolo (l’ultimo?)!
Buon allenamento e ricordate: “practice does not make perfect. Only perfect practice makes perfect”
Mezzo Pesista
P.s vorrei ringraziare in primis Andrea Dallari per essersi prestato a modello per le foto di questo articolo e per le infinite e stimolanti discussioni che intratteniamo quasi quotidianamente sul mondo dell’allenamento. Ci tengo poi a ringraziare la Parma Powerlifting Gym e soprattutto Elisa Vinante e Simone Carniel, per il sostegno che mi hanno sempre offerto e per la guida costante verso miglioramento.
L'articolo Guida allo strappo olimpico: la seconda tirata proviene da Project inVictus.