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Sono meglio gli alimenti naturali o quelli processati?

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Noi consumatori spesso diffidiamo dall’acquistare prodotti eccessivamente lavorati o trasformati, preferendo per quanto possibile alimenti freschi e naturali: il nostro pregiudizio nasce in maniera del tutto casuale, ma trova in minima parte un suo fondamento logico. Ma attenzione, non tutto il male vien per nuocere!
Per capire perché nei supermercati si trovano così tanti alimenti processati, occorre fare un po’ di chiarezza sulla struttura del sistema agro-alimentare. L’iter “from farm to fork” (dalla fattoria alla tavola) di un alimento è riassumibile nel seguente schema:

meglio alimenti naturali o biologici

In questo sistema articolato che coinvolge più settori economici (e che da ora prenderà il nome di filiera), l’alimento attraversa stadi consequenziali in cui acquisiscono un ruolo fondamentale le cosiddette tecnologie alimentari. Riassumendo molto sinteticamente, succede questo: le materie prime ottenute in agricoltura (sia vegetali, sia animali) grazie ad input meccanici/tecnici (trattori, mietitrici, mungitrici automatiche, concime, mangime, per citarne alcuni..), vengono sottoposte a processi di trasformazione da parte dell’industria alimentare, che vende quelli che sono ormai prodotti finiti ai distributori, presso i quali si riforniscono i ristoratori e i consumatori.

carne processata

C’è da aggiungere un piccolo particolare in più, visibile a livello grafico, ovvero che le uniche materie prime che saltano tutte le fasi intermedie sono i prodotti ortofrutticoli, in quanto freschi e consumabili direttamente.

All’interno di questo quadro molto articolato, le tecnologie alimentari rivestono un ruolo fondamentale un po’ ovunque (ad eccezione del primo punto, in cui collaborano diverse figure professionali):

  • La produzione di ottime materie prime nel settore agricolo passa per la conoscenza di corrette pratiche zootecniche (industria lattiero-casearia, della carne e degli ovoprodotti) e colturali (tutte le materie prime vegetali).
  • La lavorazione delle materie prime a livello industriale viene effettuata per adattare il prodotto alle esigenze del consumatore e il rispetto delle condizioni di processo è estremamente importante.
  • Al momento della commercializzazione del prodotto nei punti di distribuzione, la situazione viene presa in mano dalla logistica: quest’ultima è un piccolo nemico per il prodotto. Rappresenta dapprima un costo eccessivo a livello italiano (vedere dati Istat confrontati con gli altri Paesi), cosa che fa lievitare il prezzo dei prodotti sugli scaffali del supermarket, e costituisce dunque un pericolo per il prodotto in quanto fase cruciale per la shelf-life del prodotto (la vita commerciale, o durabilità). Le tecnologie alimentari possono metterci una pezza progettando modalità di packaging il più funzionali ed efficienti possibile, nella peggior ottica previsionale (supponendo che il prodotto venga sottoposto a molteplici ed esagerati stress di diversa natura).
  • Il consumo è la fase finale, in cui è appunto coinvolto unicamente il consumatore. Siamo noi a decidere se conservare un alimento sulla credenza, nel frigo o nel freezer. Siamo noi a decidere cuocere un alimento a tot gradi in padella, al forno o al microonde. Siamo noi a decidere le combinazioni alimentari da consumare. Le tecnologie alimentari possono soltanto darci (talvolta) delle istruzioni sull’etichetta, ma nulla di più.

industria alimentare

Dopo questa doverosa rassegna, è utile venire al clou della faccenda: gli alimenti sono meglio naturali o processati? Nessuno dei due. Ci sono dei pro e dei contro da analizzare in entrambi i casi. Vi faccio un piccolo esempio: il bianco d’uovo tale quale fa più male che bene. Il 45% della sua componente proteica è formata da ovalbumina, una proteina appartenente alla famiglia delle serpine: le serpine sono proteine inibitrici delle proteasi a serina, ovvero gli enzimi in grado di digerire le proteine presenti nel nostro tratto digerente superiore (fino al duodeno). Si tratta di un meccanismo di difesa dei depositori di uova dai predatori: in sostanza, ci stiamo bevendo il nulla. Che sfiga, eh? Ma non finisce qui. L’albume crudo contiene avidina, una proteina dal valore antinutrizionale in grado di sequestrare la biotina, una vitamina a noi essenziale (come tutte le vitamine, del resto). Indovinate un po’ come si risolvono questi problemi? Con la più banale e antica tecnologia alimentare, ovvero un semplice riscaldamento (pasteurizzazione). Le due proteine “nemiche” vengono denaturate e disattivate, e possiamo tranquillamente godere degli amminoacidi ramificati che ci offre il nobile profilo proteico dell’albume d’uovo.

È vero che più il prodotto viene lavorato, più rischia di perdere componenti nutrizionali: infatti, per quanto sia possibile farlo, conviene rifornirsi presso fruttivendoli, macellai, casari, pastai. Ma prima di farlo, ponetevi comunque delle domande: questi addetti seguono alla lettera le buone pratiche di igiene e di produzione? Si tratta di persone affidabili? Non lo potete sapere. I prodotti presenti sul mercato rispondono invece teoricamente a degli standard legislativi di qualità, ma soprattutto di sicurezza! È questo che conta. Oltretutto, anche se aveste la sicurezza e il tempo di fare tutti i giri del mondo per prendere prodotti “naturali”, vi ritrovereste a vivere per mangiare, e non più a mangiare per vivere. Perché i prodotti naturali hanno una scadenza molto breve, e devono essere consumati quanto prima. Gli alimenti che offre la distribuzione cercano di andare incontro alle esigenze del consumatore, infatti sono spesso caratterizzati da una durabilità elevata.

alimenti naturali o processati

Come in ogni cosa nella vita, bisogna cercare il giusto compromesso e non farsi eccessive seghe mentali. L’industria alimentare non è un mostro che vuole venderci prodotti pessimi, anzi: punta tanto sulla fidelizzazione del cliente, appunto per continuare a guadagnare. E se succedono scandali sono cazzi, perché ne va dell’immagine del marchio. Bisogna semplicemente essere in grado di scremare, all’interno di un supermercato, alimenti processati bene e alimenti processati male. Per fare due ultimi esempi:

  • Un cioccolato fondente, una merendina e un barattolo di Nutella possiedono grossomodo lo stesso grado di processualità (numero di lavorazioni delle materie prime). Quale scegliereste tra le tre? Se dovessimo stare a guardare l’ottica del “meno lavorazioni ha, meglio è”, i tre prodotti sarebbero equivalenti. Invece sappiamo bene che, rispetto a quello degli altri due, il consumo controllato di cioccolato fondente qualche beneficio lo apporta (polifenoli e serotonina).
  • Una forma di Grana Padano e una forma di un qualsiasi formaggio duro stagionato hanno lo stesso livello di processualità. Quale è il migliore? In tutta probabilità il Grana. Da una parte abbiamo un formaggio le cui vacche che producono il latte utilizzato nella sua produzione provengono da una ristretta area geografica e il cui processo avviene secondo un preciso disciplinare di produzione da rispettare (dettato dal Consorzio Italiano del Grana). Dall’altra parte abbiamo un formaggio processato “meno bene”, con vacche di cui non si conoscono la provenienza, lo stato di salute e lo stato di allevamento e con un processo che non è obbligato a sottostare a protocolli nazionali.

Quindi, il concetto che dovete portarvi a casa è questo: fornitevi, nel limite del possibile e tenendo conto della variabile tempo, di prodotti naturali (da acquistare presso rivenditori di assoluta fiducia) che prediligete (hanno un costo non indifferente!), e fate spesa intelligentemente al supermercato, dedicando alla lettura delle etichette la giusta dose di tempo (ma non dovete starci una giornata, chiaramente).

Del Dott Cristian Rizzi
Nato a Giussano (MB) nel ’92, sono laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari e studente magistrale dello stesso corso di laurea. Sono appassionato di biochimica, mi piace capire il funzionamento dei sistemi viventi, le loro azioni e le loro reazioni.

Riferimenti bibliografici:

[1] Oliviero N. & Russo V. (2013). Psicologia dei consumi – Capitolo 14: I consumi alimentari. pp 583-626.

[2] Messori F. & Ferretti F. (2010). Economia del mercato agro-alimentare – Capitolo 2: Il mercato e il sistema agro-alimentare. pp 11-44.

[3] INEA (2004). Il sistema ortofrutticolo italiano di fronte ai nuovi scenari competitivi – Capitolo 2: Il sistema delle imprese. pp 45-119.

[4] Heldmann D.R. (2006). Food technology – IFT and the Food Science Profession. p 11.

[5] FAO (2004). Good Agricultural Practices: a working concept – Background paper for the FAO Internal Workshop on Good Agricultural Practices.

[6] Regolamento CE 1169/2011 relativo all’etichettatura.

[7] Nelson D. & Cox M. (2014). I principi di biochimica di Lehninger – Capitolo 16: Il ciclo dell’acido citrico. p. 669.

[8] Norma ISO 9001:2015

[9] Kwok C. S. et al. (2015). Habitual chocolate consumption and risk of cardiovascular disease among healthy men and women. Heart. pp 1279–1287.

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