Ogni giorno l’interesse delle persone si focalizza su un alimento “target”. Certe volte parliamo di un alimento “magico”, altre volte invece è un alimento “killer”. In queste settimane si sta sentendo parlare molto dell’Olio di Palma. Come sempre c’è una parte schierata alla sua demonizzazione (l’olio di palma fa male) e una parte schierata alla sua difesa (fa addirittura bene). Si passa da un eccesso all’altro e come sempre la verità, sta “nel mezzo”. Cerchiamo di capirci qualcosa in più.
Con il termine “olio di palma” ci riferiamo comunemente a quello presente negli alimenti industriali che è l’olio di palma raffinato. In realtà esistono altre due varietà che differiscono in composizione, estrazione e lavorazione:
Olio di palma grezzo: ricavato dai frutti della palma a seguito di un processo di sterilizzazione, snocciolatura, cottura, pressione e filtrazione. Viene anche chiamato olio di palma rosso per il suo tipico colore, dovuto alla presenza di beta carotene. E’ composto da un 50% di acidi grassi saturi (palmitico in prevalenza) e un 50% di acidi grassi insaturi (oleico in prevalenza) ed è ricco in vitamina E, carotenoidi e fitosteroli.
Olio di palma raffinato: il comune olio di palma che si trova nella maggior parte dei prodotti da forno e fritti, nonché nelle margarine “a panetti” che quasi non si vendono più. Il processo di raffinazione viene detto bifrazionamento e sostanzialmente porta alla formazione di due tipi diversi di “olio”:
– la palm-stearina, ricca di palmitico, solida a temperatura ambiete e utilizzata non solo nell’industria alimentare:
– la palm-oleina, ricca di monoinsaturi, liquida a temperatura ambiente e con un elevato punto di fumo viene utilizzata principalmente per le fritture.
Nello specifico la palm-oleina, con l’intento di renderla più adeguata a preparazioni industriali alimentari diverse dalla frittura, viene intra esterificata e resa più solida
Il processo di raffinatura, qualsiasi forma derivante consideriamo, porta alla perdita di una percentuale consistente di vitamina E (circa il 40%) e di quasi tutti i carotenoidi presenti. Resta invece uguale la composizione in acidi grassi.
Olio di palmisto: non viene ricavato dai frutti della palma, bensì dai semi essiccati, macinati e pressati. Ha una composizione completamente diversa da quella dell’olio di palma da frutto in quanto, oltre a contenere un maggior quantitativo di acidi grassi saturi (80%), è molto ricco in Acido Laurico (C:12) e più simile all’olio di cocco.
Perché l’olio di palma è così ampiamente utilizzato nell’industria alimentare?
L’olio di palma ha cominciato a prendere piede con la necessità di sostituire nei prodotti confezionati “da forno” i tanto accusati (con giusta motivazione) grassi idrogenati.
I problemi fondamentali da risolvere restavano la consistenza, friabilità, croccantezza e gusto dei prodotti e non meno importante, la resistenza all’irrancidimento. Da tali punti di vista l’olio di palma si è rivelato un ottimo sostituto, soprattutto per il costo basso associato alla perfetta resa.
Accuse all’olio di palma
Negli ultimi anni le accuse mosse verso quest’olio sono state molteplici.
Innanzitutto vi è la questione acidi grassi saturi e aumento del rischio cardiovascolare. Una vasta letteratura scientifica ha messo in relazione il consumo di acidi grassi saturi con l’aumento dei marcatori di rischio cardiovascolare, soprattutto per quanto riguarda le c-LDL e le c-HDL. D’altra parte, alcuni studi e meta-analisi non hanno trovato un rilevante nesso causale tra acidi grassi saturi e aumento di rischio cardiovascolare, tuttavia, come è ben specificato anche nel documento del ministero della sanità, molti di questi studi sono finanziati da aziende che potrebbero avere conflitto di interessi (andiamo bene). Per cui la questione a livello di ricerca scientifico è ancora accesa ed è molto più complessa di quel che comunemente si pensa.
Resta in ogni caso valida la raccomandazione di mantenere la soglia di grassi saturi totali inferiore al 10% delle kcal consumate, anche a seguito di studi che hanno associato un eccessivo consumo di grassi saturi ad un aumento di rischio di patologie ossee e carcinoma alla mammella e del colon retto.
Da un altro lato, molti studi hanno concluso che l’olio di palma potesse essere addirittura protettivo per la presenza di antiossidanti. Se avete letto bene fino a questo punto forse avete già capito perché. In sostanza negli studi è stato utilizzato olio di palma grezzo, quello ricco di vitamina E, carotenoidi e fitosteroli. Ben diverso da quello presente nei prodotti in commercio.
In ogni caso accusare o scagionare i grassi saturi in generale ha poco senso è meglio soffermarsi sul tipo di grassi saturi e sulla loro funzione, per maggiori informazioni rimandiamo a questo video:
L’olio di palma fa male e causa il cancro?
A marzo di quest’anno l’EFSA ha pubblicato i risultati di uno studio che valutava la presenza, nell’olio di palma, di alcune sostanze cancerogene. Queste sostanze (2-MCPD, 3-MCPD e glicidil esteri degli acidi grassi) si sviluppano durante i processi di raffinazione e cottura (>200°) degli oli e grassi vegetali. Sebbene questo succeda per ogni tipo di grasso vegetale va sottolineato che nell’olio di palma e palmisto se ne formano in quantità maggiore rispetto agli altri.
Il punto sta nel fatto che queste sostanze si sono dimostrate genotossiche in vitro ed ad altissime concentrazioni, difficilmente raggiungibili con la normale alimentazione. Il rischio in sostanza è equiparabile a molte altre sostanze come caffeina, alcol, aflatossine ecc)
Essendo il rischio legato (come sempre) alla quantità di assunzione e considerato nei limiti di una normale esposizione a “fattori ambientali” va da se che non se ne vieta l’uso e la vendita.
L’olio di palma fa male e causa il diabete?
Questa affermazione nasce da questo studio, che ha valutato gli effetti dell’acido palmitico sull’espressione della proteina p66Shc, induttore di stress ossidativo e apoptosi soprattutto nelle cellule beta-pancreatiche. Dallo studio è emerso che l’acido palmitico (non presente solo nell’olio di palma) provoca un aumento della proteina p66Shc e un conseguente danno alle cellule pancreatiche. Questo risultato è stato ottenuto in cellule di ratto, in isole pancreatiche di topo e in isole pancreatiche umane (da donatori sovrappeso/obesi). È stato anche dimostrato che nelle cavie di laboratorio una dieta ricca di acido palmitico, in cui l’olio di palma idrogenato rappresentava il 60% delle calorie totali, produce effetti dannosi sulle cellule produttrici di insulina attraverso un aumento della proteina p66Shc.
Lo studio, per me nuovo, è risultato molto interessante. La dieta dei topi oltre ad essere ricca di olio di palma, era naturalmente high fat e ricca in saturi (di cui l’acido palmitico resta il principale rappresentante negli alimenti).
Quello che il prof.Giorgino (coordinatore dello studio) ha messo in luce è il coinvolgimento di una proteina (responsabile tra l’altro della longevità in generale) stimolata dall’eccessiva assunzione di grassi in particolare saturi che sono, insieme al grasso “viscerale”, fattori di rischio per lo sviluppo del Diabete 2. La suddetta proteina è stata coinvolta anche nello sviluppo delle complicanze legate al diabete (cardiovascolare e nefropatico).
Resta ovviamente una parentesi aperta importante.
L’olio di palma fa male all’ambiente?
Già nel 2012 Nature aveva parlato del potenziale danno ambientale dovuto alla produzione di olio di palma. Non è mia competenza approfondire questo discorso ma appare ben chiaro che le coltivazioni di palma stiano provocando grossi danni di deforestazione e conseguente danno all’habitat di alcune specie animali, erosione del suolo, inquinamento atmosferico e conflitti sociali. Tant’è vero che alcune aziende hanno dichiarato e certificato che il loro è olio di palma contenuto nei propri prodotti derivati da coltivazioni ecosostenibili (anche se ci sono varie controversie in merito).
Il problema comunque non riguarda solo l’olio di palma ma tutti gli olii vegetali. Per produrne in quantitativi abnormi servono ingenti quantità di terreno. Se al posto dell’olio di palma ci mettiamo a coltivare l’olio di colza (per fare giusto un esempio) gli ettari di terreno sottratti alla natura saranno gli stessi. Alla base dei problemi ecologici c’è il pagare poco un prodotto. Ricordiamoci quello che dice Michael Pollan, non esiste il cibo economico, quello che paghiamo poco o lo paga la nostra salute o lo paga l’ambiente.
Conclusioni: ma allora l’olio di palma fa male oppure no?
Alla luce di tutto questo, come dobbiamo comportarci nei confronti dell’olio di palma?
Come per ogni cosa per quanto riguarda l’alimentazione, non possiamo focalizzarci su un singolo componente. Fermo restando che attualmente le linee guida per una sana alimentazione prevedono di non eccedere con i grassi saturi sono questi che vanno semmai valutati nel contesto.
L’olio di palma resta solo UNA delle fonti di acidi grassi saturi. E’ un prodotto economico, nutrizionalmente non apporta nessun micronutriente miracoloso (ovviamente parliamo sempre di quello che comunemente si trova nei prodotti alimentari) ma nemmeno fa grossi danni (rispetto ad altri componenti equiparabili nella composizione). Il punto principale è che fino a poco tempo fa si trovava davvero ovunque, quindi eccedere con il consumo dello stesso e di conseguenza di acidi grassi saturi era molto più semplici.
Faccio un’ulteriore considerazione: i prodotti ricchi di olio di palma, a prescindere da quest’ultimo, sono prodotti piuttosto “scadenti”, ricchi di zuccheri semplici, privi di micronutrienti importanti, spesso ricchi in conservanti o semplicemente molto grassi. Da limitare il più possibile in una dieta sana a prescindere dall’olio di palma.
Ugualmente non va unito il concetto “senza olio di palma” = “sano”. Ho visto biscotti dal profilo nutrizionale pessimo, biologici e senza olio di palma.
Come sempre l’unica “magia” sta nella MODERAZIONE. Non sarà un biscotto con l’olio di palma ad aumentare il nostro rischio di patologie cardiovascolari, di sviluppo del diabete o di neoplasia, quello che invece potrebbe farlo è il biscotto, unito alla cioccolata scadente, alle merendine, alle patatine fritte surgelate, ai crackers, ai piatti pronti e chi più ne ha più ne metta.
Bibliografia
– http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2481_allegato.pdf – http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.2903/j.efsa.2016.4426/full
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– http://www.nature.com/news/palm-oil-boom-raises-conservation-concerns-1.10936 – http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/foreste/indonesia/Olio-di-palma/
Note sull’autrice
Articolo: l’olio di palma fa male è della Dottoressa Valeria Cangiano
Dietistica alla Facoltà di Medicina e Chirurgia Federico II. Appassionata di nutrizione sportiva e powerlifting.
Mail: valery.cangiano@gmail.com
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