Con il termine di caseina ci riferiamo ad un gruppo di proteine presenti nel latte. Si tratta di molecole ad alto peso molecolare formate da oltre 200 residui amminoacidici. Le caseine si caratterizzano per la presenza di gruppi fosforici che sono in grado di legare a sé ioni calcio e ioni magnesio e ciò lascia supporre una delle loro funzioni sia proprio quella di carrier del calcio. A causa della presenza di un alto numero di residui di prolina, la caseina non è in grado di ripiegarsi su se stessa mantenendo invece una struttura simile a quella delle proteine denaturate.
Caseina fa male veramente?
Le caseine costituiscono l’80% delle proteine presenti nel latte vaccino. Sono la caseina α (50%), la caseina β (30%), la caseina γ (5%) e la caseina k (15% della caseina totale). Della caseina α se ne conoscono due principali varianti genetiche: la caseina A1 e la caseina A2. La principale differenza tra queste due forme è legata alla presenza, in corrispondenza della posizione 67 della molecola, di un residuo di istidina (His67) nella caseina A1 e di un residuo di prolina (Pro67) nella caseina A2. La mutazione puntiforme che ha portato a sostituire una prolina con un’istidina nella sequenza amminoacidica della caseina A1 è occorsa negli antenati della moderna vacca da latte europea, mentre non è presente nelle razze asiatiche o africane. Pertanto il latte vaccino che arriva sulle nostre tavole contiene sia l’isoforma A1 che l’isoforma A2 della caseina.
L’istidina in posizione 67 della caseina A1 subisce “clivaggio proteolitico” mentre non è così per la prolina della caseina A2. Questo significa che esiste uno specifico enzima (una proteasi per la precisione) che rompe la molecola della caseina A1 proprio in corrispondenza del residuo di istidina. A seguito di questa reazione dalla sola caseina A1 vengono prodotte le beta-caseomorfine e i peptidi oppioidi. Sono queste molecole ad associarsi a discomfort intestinale.
Per evitare l’assunzione di caseina A1 bisognerà dunque sostituire il latte vaccino con latte di capra, di pecora o di bufala oppure (cosa più difficile) introdurre nella propria alimentazione latte di bovine asiatiche o africane o ancora consumare latte di bovine europee certificate per l’assenza della mutazione His67.
Il latte vaccino privo della caseina A1 è disponibile commercialmente in Australia, nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Nuova Zelanda, nei Paesi Bassi e viene universalmente proposto come un latte più digeribile. Stessa attenzione viene riservata ai latti in formula della prima infanzia che, essendo derivati dal latte vaccino, potrebbero contenere beta-caseomorfine ed oppiodi a meno che non derivino da un latte A1-free. Queste sostanze hanno la capacità di rallentare sensibilmente il transito intestinale. I bambini che consumano latte vaccino o latti in formula a base di latte vaccino possono infatti andare incontro a costipazione.
Caseina cancerogena
L’ipotetica associazione fra il consumo di latte e di latticini ed il rischio di sviluppare una forma tumorale è stata esaminata in un numero ristretto di studi e i dati disponibili risultano ad oggi incompleti e a tratti contraddittori.
Così, ad esempio, una revisione scientifica pubblicata nel 2012 sulla prestigiosa rivista Annals of Oncology documenta un probabile effetto protettivo del latte e dei suoi derivati nei confronti del tumore al colon. Il massimo beneficio è stato riscontrato in coloro che assumevano almeno tre bicchieri di latte al giorno. La stessa quantità avrebbe al contrario un effetto promuovente nel caso del carcinoma prostaticocome dimostra una meta-analisi pubblicata sulla rivista The American Journal of Clinical Nutrition. Quali potrebbero essere le sostanze incriminate? Il lattosio, i grassi, il calcio, i fattori di crescita?
Nessun lavoro scientifico è stato fino ad oggi in grado di rivelarlo in maniera definitiva.
Non esistono dati conclusivi neanche sulla correlazione tra tumore al seno e consumo di latte. Uno studio pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute documenta un più alto rischio di recidiva del carcinoma mammario in donne che consumavano latte con frequenza elevata. La spiegazione alla base di questo fenomeno potrebbe essere ricercata nell’elevato contenuto in estrogeni e in fattori di crescita proprio del latte vaccino. Per approfondire leggi l’articolo su: il latte fa male?
Allergia alla caseina
L’allergia alimentare al latte è legata principalmente alla caseina. Compare nei primi anni di età tant’è che l’OMS consiglia il prolungamento dell’allattamento al seno fino al sesto mese di vita del bambino. Tende a scomparire con la crescita e può portare talvolta allo shock anafilattico. Si tratta di una forma di allergia difficile da gestire per la presenza ubiquitaria delle caseine. L’industria alimentare ne prevede infatti l’impiego come additivo.
Intolleranza al lattosio o intolleranza alla caseina?
Se ogni volta che beviamo del latte compaiono dei sintomi gastrointestinali, potremmo pensare all’intolleranza al lattosio oppure all’intolleranza alle caseine.
Se le caseine sono delle proteine, il lattosio è uno zucchero. Noi riusciamo a digerirlo avendo in dotazione un enzima noto come beta-galattosidasi. Ben espresso nei lattanti e nei bambini piccoli, questo enzima diviene carente nell’età adulta. L’intolleranza alimentare al lattosio è spesso dose-correlata perché la quantità di enzima residuo può rendere possibile la digestione di piccole quantità dello zucchero del latte. Diversamente, quando il consumo di latticini è abbondante vi sarà una buona parte del lattosio che, non venendo digerito, rimane nel lume intestinale e si associa ad un notevole discomfort.
Crampi addominalie diarrea sono in questo caso legati al richiamo di acqua dalle pareti intestinali per via dell’azione osmotica dello zucchero. L’attività fermentativa portata avanti dalla flora batterica intestinale non fa altro che complicare il quadro. Gli asiatici, che non consumano latte animale, hanno un’assoluta incapacità a digerire il lattosio una volta raggiunti i 2 anni di età. Presente nel latte fresco in quantità pari al 4%, il lattosio non è invece presente nei prodotti derivati dalla fermentazione del latte. Così ad esempio nello yogurt il lattosio è stato in gran parte convertito in acido lattico. Nei formaggi stagionati quali il Parmigiano Reggiano, il processo di scissione del lattosio è avvenuto completamente tanto che si tratta di un formaggio di facile digeribilità, spesso inserito già in fase di svezzamento.
Ma il latte può risultare difficile da digerire anche se si dispone della beta-galattosidasi. Succede a causa della pastorizzazione e della conseguente denaturazione delle proteine. Dopo la mungitura, il latte viene trasportato allo stabilimento di confezionamento dove viene sottoposto ad un solo trattamento termico (pastorizzazionea 72-75°C per 15-20 secondi e successivo raffreddamento a 4°C) allo scopo di inattivare la microflora patogena e di ridurre il carico di microrganismi alterativi.
Per essere definito fresco un latte non deve contenere meno del 14% di proteine non denaturate. Se leggiamo al contrario questa informazione ne deriva che oltre l’80% delle proteine del latte hanno subito un processo di denaturazione e sono dunque difficilmente digeribili! È con riferimento alla difficoltà nel digerire le caseine denaturate che è possibile parlare di intolleranza alle caseine.
Di fatto, gli enzimi preposti alla digestione delle caseine possono non riconoscere i siti di clivaggio dal momento che le proteine sottoposte a trattamenti termici modificano la loro struttura tridimensionale. Residui mal digeriti possono alterare la permeabilità selettiva propria della mucosa intestinale entrando in contatto, a livello della sottomucosa, con le stazioni linfonodali. È questo il trigger per l’innesco di malattie atopiche (le famose dermatiti del lattante), infiammatorie e autoimmuni in soggetti geneticamente predisposti. Tra le condizioni che possono essere messe in relazione con l’ingestione di caseine degradate citiamo la dermatite, l’eczema, il raffreddore da fieno, l’asma, l’otite, la tonsillite, l’orticaria.
Non esistono test validati per la diagnosi di intolleranza alla caseine. L’unico approccio è quello che ci viene offerto dalle diete di esclusione. Se una volta eliminata la caseina dalla dieta si assiste alla risoluzione dei sintomi lo step successivo consiste nel reintrodurla. Se a questo punto i sintomi ricompaiono, si ha una prova abbastanza sensibile della propria intolleranza nei confronti delle caseine.
Dieta priva di caseina e autismo
Sulla base di una possibile interazione tra l’ambiente intestinale ed il Sistema Nervoso Centrale, c’è chi avanza l’utilità di una dieta gluten-freee casein-free nei bambini affetti da un disordine dello spettro autistico. La base teorica su cui si fonda questo tipo di dieta è legata al fatto che i bambini autistici possono avere difficoltà nel digerire le proteine del glutine (gliadine e glutenine) e quelle del latte (principalmente caseine).
I grossi frammenti proteici (peptoni) che residuano da questa digestione parziale sarebbero in grado di “allentare” le giunzioni serrate (tight junctions) che tengono unite le cellule della mucosa intestinale le une alle altre. Questa condizione passa sotto il nome di Leaky Gut Syndrome o sindrome dell’intestino permeabile e si associa a discomfort gastrointestinale e a sintomi comportamentali, come ben documentato in questo studio.
Si pensa che la sindrome dell’intestino permeabile possa consentire il passaggio, attraverso la circolazione ematica, dei peptidi derivati dalla digestione di glutine e caseine fino a giungere a livello del Sistema Nervoso Centrale. In questa sede i peptidi sarebbero in grado di interagire con i recettori degli oppiodi (vedi il ruolo delle beta-caseomorfine e approfondisci con questo studio). I sostenitori di questo tipo di dieta ritengono che l’interazione dei peptidi proteici con la biochimica cerebrale possa interferire con lo sviluppo neuronale depotenziando le funzioni cognitive, la capacità di attenzione e i processi di apprendimento dei bambini con una predisposizione genetica per queste condizioni.
Caseina dove si trova: gli alimenti più ricchi
Come abbiamo visto, la caseina è la principale proteina del latte (rappresenta l’80% delle proteine totali). Le caseine α, β e γ sono molecole idrofobiche mentre la sola caseina k è idrofila. Poiché il latte è composto per la gran parte di acqua queste molecole tendono ad aggregarsi tra di loro in modo da formare delle micelle costituite nella parte interna dalle caseine idrofobe ed esternamente dalla caseina k.
La formazione del coagulo, passaggio fondamentale ai fini della produzione del formaggio, è possibile grazie all’aggiunta del caglio che determina il distacco del peptide C-terminale dalla caseina k. Venendo meno l’azione di stabilizzazione delle micelle propria di questa caseina, le altre caseine, proprio in virtù della loro natura idrofobica, tenderanno ad aggregarsi lasciando fuori dalla loro rete la componente acquosa (siero) e le proteine del siero (β-lattoglobulina, sieroalbumina e immunoglobiline).
Ne consegue che il latte con maggiori quantità di caseina k possiede micelle più piccole e ha al contempo la caratteristica di richiedere un minor tempo di coagulazione rispetto al latte che contiene micelle di maggiori dimensioni. Le caseine sono dunque un costituente tipico del latte delle diverse specie di mammiferi e sono presenti anche nei derivati del latte (formaggi, burro, yogurt, siero).
Tab. n. 1– Contenuto in proteine del latte di varie specie e razze (da Jacobson, 1970)
Specie, razze | Proteine % |
Bufalina | 7,4 |
Bovina
– Ayshire – Bruna – – Guernsey – – Frisona – – Jersey – -Shorthorn – – Zebù |
4,2 3,6 3,8 3,1 3,9 3,3 3,9 |
Caprina | 3,1 |
Ovina | 6,8 |
Suina | 5,9 |
Equina | 2,4 |
Asinina | 1,8 |
Umana | 1,4 |
Ritroviamo le caseine anche nei prodotti dell’industria alimentare (i cosiddetti piatti pronti): salsicce, minestre, ragù, bibite, barrette energetiche, integratori di caseine, latti di proseguimento per lattanti, salse, gelati, prodotti da forno, panna montata e così via dicendo.
Latte senza caseina
Il latte delle formule pediatriche è un latte senza caseina. È importante che sia così perché il lattante non ha la capacità di digerire molecole così pesanti. Tutte le proteine ad elevato peso molecolare (> 5000 Dalton), caseina inclusa, si comportano inoltre come potenziali antigeni alimentari. Alcuni frammenti proteici vengono riconosciuti dal nostro Sistema Immunitario come molecole pericolose e si instaura nei loro confronti una reazione che porta alla comparsa dei sintomi tipici dell’allergia. Inoltre una precoce esposizione al latte vaccino e alla caseine in esso contenute potrebbe indurre la comparsa di malattie autoimmuni in individui geneticamente predisposti. Sembra che alla base di questo fenomeno vi sia il meccanismo del mimetismo molecolare (molecular mimicry).
Il mimetismo molecolare è quel fenomeno per cui il Sistema Immunitario confonde una parte dell’organismo con un invasore estraneo. È stato dimostrato che gli anticorpi prodotti contro le caseine possono prendere di mira le β-cellule pancreatiche e causare in questo modo un diabete mellito di tipo 1. Si pensa che quando le caseine maldigerite filtrano attraverso l’intestino e penetrano nella circolazione sanguigna il Sistema Immunitario possa considerarle alla stregua di pericolosi invasori e conseguentemente a ciò possa produrre specifici anticorpi pronti ad attaccarle. Questi anticorpi però non aggrediscono solo le proteine del latte ma finiscono con lo scambiare i tessuti del pancreas per molecole di caseina (probabilmente per analogia tra la sequenza amminoacidica della caseina e quella delle proteine strutturali del pancreas).
Per queste ragioni, la componente proteica dei latti in formula è derivata dalle caseine sottoposte a processi di ultrafiltrazione (allo scopo di trattenere i frammenti proteici a più alto peso molecolare) e di idrolisi enzimatica.
Il latte di asina, in virtù della sua composizione molto simile a quella del latte umano, viene proposto come latte di proseguimento nei lattanti che interrompano precocemente l’allattamento al seno. Il contenuto in caseine del latte di asina è di gran lunga inferiore rispetto a quello del latte vaccino (35% versus80%). Il grosso inconveniente è legato alla sua scarsa reperibilità.
Volendo ridurre l’esposizione alle caseine, altre possibili alternative sono le bevande vegetali a base di soia (latte di soia), di avena, di mandorle, di riso.
Formaggi senza caseina
Il processo di caseificazione del latte è reso possibile proprio dalla presenza delle caseine che, a seguito dell’aggiunta del caglio, tendono a coagulare. Pertanto il latte vaccino deprivato della componente proteica non può servire più per la produzione del formaggio. Possibili alternative sono rappresentate dai formaggi vegani la cui lavorazione inizia da una bevanda vegetale a base di soia. Il tofu è considerato l’equivalente del nostro formaggio.
Alimenti senza caseina
Sono alimenti naturalmente privi di caseina la frutta fresca, la frutta a guscio, la verdura, la carne, il pesce, le uova, l’olio extravergine di oliva. Evitare le caseine, qualora ve ne siano fondati motivi, non è l’impresa più difficile al mondo. Non bisogna trascurare però il fatto che in molti alimenti prodotti dall’industria alimentare le caseine possono essere presenti in qualità di additivi.
Articolo della Dott.essa Roberta Martinoli
Note sull’autrice:
Roberta ha iniziato a studiare nutrizione con la laurea in Scienze Agrarie e non ha più smesso fino alla laurea in Scienze della Nutrizione Umana e poi in Medicina e Chirurgia. Appassionata di questa materia è convinta che attraverso una sana alimentazione sia possibile fare vera prevenzione. Dell’opera di divulgazione vuole fare una vera e propria missione perché è convinta che solo attraverso la consapevolezza si possa indurre le persone a mangiare bene.”
dott.roberta.martinoli@gmail.com
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