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Dieta chetogenica: cos’è e come funziona?

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esempio dieta chetogenica

La dieta chetogenica è una strategia nutrizionale che prevede un basso apporto di carboidrati, forse per questo è spesso ricercata da chi vuole perdere peso? In realtà, non è l’escludere i glucidi che rende utile la dieta chetogenica per dimagrire: se fa dimagrire è perché è ipocalorica, nessun altro segreto.

Per gli sportivi, viene affrontato anche il tema della preservazione della massa muscolare: può (e come) la keto diet venire incontro alle esigenze di chi si allena in palestra?

Che cos’è la dieta chetogenica? In cosa consiste?

come funziona la dieta chetogenica

Una dieta chetogenica non è altro che una dieta capace di indurre uno specifico adattamento del fegato che inizia a produrre una quantità maggiore di corpi chetonici e che sposta il metabolismo dall’utilizzo prevalente del glucosio a quello dei lipidi.

Più concretamente è una dieta che limita i carboidrati sotto una soglia più o meno bassa. L’assunzione di proteine e grassi è in realtà variabile a seconda anche del soggetto e degli obiettivi della dieta. Sebbene le proteine possono avere un effetto anti-chetogenico, in conseguenza della loro capacità di promuovere l’insulina, in realtà è veramente difficile contrastare l’adattamento alla chetosi se i carboidrati sono tenuti bassi, anche con alte quantità di proteine.

Come funziona la dieta chetogenica? A cosa serve?

produzione corpi chetonici

In condizioni alimentari “normali” e in uno stato di salute nutrizionale fisiologica, l’organismo utilizza una miscela di grassi, proteine e carboidrati a scopo energetico. Quando tuttavia i glucidi sono rimossi dalla dieta o sono presenti solo in piccole quantità (massimo 100 grammi al giorno anche se in realtà la maggior parte delle diete chetogeniche prevede un’introduzione molto più limitata: circa 30-50 g/die), le scorte glucidiche del nostro corpo tendono ad esaurirsi abbastanza in fretta.

In conseguenza di ciò, l’organismo si adatta e utilizza in maggior misura un combustibile alternativo al glucosio per fornire energia. Uno di questi combustibili è rappresentato dagli acidi grassi liberi (FFA), che possono essere utilizzati dalla maggior parte dei tessuti del corpo.

La disponibilità di glucosio è assicurata prima principalmente dalla degradazione del glicogeno epatico, poi dall’aumento della gluconeogenesi, che sfrutta precursori non glucidici, tra cui prevalentemente alcuni aminoacidi, per produrre glucosio. Tuttavia, una gluconeogenesi spinta e prolungata per troppo tempo si traduce in una quantità esorbitante di proteine, anche muscolari, degradate per produrre aminoacidi e successivamente glucosio. Ecco perché dopo circa 1-2 giorni si ha un brusco calo anche della gluconeogenesi, con il fine di ridurre la degradazione proteica e preservare la massa magra.

Come fa, allora, l’organismo a non andare incontro a problemi per carenza di glucosio?

Il punto è che il fabbisogno stesso di glucosio viene ridotto rilevantemente per adattamenti fisiologici al digiuno:

  1. Riduzione del tasso metabolico
  2. Maggior utilizzo dei FFA

Gli acidi grassi, dunque, tenteranno di sostituire i fini energetici del glucosio. Tuttavia, non tutti gli organi possono usare FFA: ad esempio, il cervello non può usare gli acidi grassi a scopo energetico ma può adattarsi all’utilizzo dei corpi chetonici. Quando questi ultimi sono prodotti in maggior quantità e a una velocità maggiore (i corpi chetonici provengono dal metabolismo dei grassi), si accumulano nel sangue inducendo uno stato metabolico detto chetosi.

Contemporaneamente all’aumento dei chetoni nel sangue vi è un’ulteriore diminuzione dell’utilizzazione del glucosio e anche della sua produzione e di conseguenza una diminuzione della degradazione delle proteine utilizzate a scopo energetico. Quando l’adattamento alla chetosi porta a una minor quantità di proteine utilizzate a scopo energetico, c’è un effetto positivo per il risparmio di massa muscolare.

Ad ogni modo bisogna chiarire che l’adattamento alla chetosi non ha dimostrato di portare a maggiori vantaggi rispetto ad altre ipocaloriche iperproteiche. Tuttavia, non è nemmeno inefficace come vorrebbe far credere una buona parte dei sostenitori delle diete ad alto contenuto di carboidrati.

In sostanza non c’è nessun vantaggio o svantaggio metabolico rispetto a una dieta proteica non chetogenica sia per quanto riguarda la perdita di grasso che per il risparmio delle proteine muscolari. Una delle ragioni per cui si adotta questo approccio alimentare è che viene considerato una dieta facile da seguire.

Quanto tempo ci vuole per andare in chetosi?

consumo di glucosio dopo il pasto

In condizioni di digiuno, il glucosio contenuto nel fegato e che ha il ruolo di mantenere stabile la glicemia viene esaurito in circa 24 ore o anche prima se svolgi attività fisica. Se non vengono introdotti molti carboidrati, il glucosio nel fegato non c’è, ma le cellule hanno comunque bisogno di energia! Quindi, il corpo inizia ad adattarsi (stato di chetosi) per essere in grado di utilizzare acidi grassi e corpi chetonici al posto del glucosio come fonte di energia.

Il corpo comincia davvero a consumare i grassi come carburante primario dopo circa 3 settimane. Per questo motivo, i principi della chetosi (consumo dei grassi, risparmio proteico perché diminuzione della gluconeogenesi) solo validi al raggiungimento di questo lasso temporale.

Dieta chetogenica ed effetti su insulina e glucagone

Per quanto riguarda gli effetti sugli ormoni, l’adattamento alla chetosi ne influenza principalmente due: glucagone e insulina.

L’insulina è un ormone responsabile dell’immagazzinamento dei nutrienti dal sangue ai tessuti bersaglio ma l’effetto più precoce e potente è l’inibizione della lipolisi a livello degli adipociti bianchi agendo sulla lipasi ormono sensibile (HSL). Questo è un enzima responsabile dell’idrolisi dei trigliceridi (TAG) in acidi grassi e glicerolo.

Il glucagone è un ormone che stimola il corpo a utilizzare e a liberare il glicogeno immagazzinato nel fegato sotto forma di glucosio. Importante ricordare che si tratta del glicogeno epatico e non muscolare, poiché quest’ultimo è utilizzato solo dalle fibre muscolari per la loro attività fisiologica, mentre è il fegato l’organo che smista i glucidi in tutti gli altri tessuti in base alle loro esigenze e alla disponibilità ovviamente di glucosio.

Quando i carboidrati sono rimossi dalla dieta, i livelli di insulina diminuiscono e i livelli di glucagone aumentano. Questo provoca un aumento del rilascio di FFA da parte degli adipociti e un aumento dell’utilizzo dei FFA da parte del fegato proprio per riduzione dell’effetto anti-lipolitico dell’insulina.

Proprio quest’ultimo adattamento porta poi come conseguenza la produzione di corpi chetonici e lo stato metabolico di chetosi descritto prima.

Benefici e vantaggi dieta chetogenica

Se per vantaggio pensi che possa far dimagrire e mantenere la massa muscolare, allora la dieta chetogenica funziona. Tuttavia, sono smentiti i vantaggi metabolici della chetosi, per cui è sbagliato pensare che una dieta chetogenica sia a prescindere migliore (o peggiore) di un’altra dieta per la perdita di grasso: semplicemente ci saranno persone che si trovano bene con un approccio chetogeniche e persone che ottimizzerebbero i loro risultati seguendo strategie alimentari differenti.

Uno dei vantaggi attribuiti alla dieta chetogenica è l’aumento della sazietà, quindi un miglior controllo alimentare e una maggior compliance alla dieta. Tuttavia, la compliance non è solo dovuta all’effetto saziante teorico di un macronutriente, pasto o dieta, ma anche alla possibilità di scelta degli alimenti da poter consumare più o meno liberamente.

Una chetogenica è una dieta che inevitabilmente preclude il consumo di una gran varietà di alimenti per cui non sempre è una dieta facile da seguire per le persone, anzi, solitamente è il contrario. Inoltre, l’effetto saziante delle chetogeniche pare esser attribuito in gran parte (se non totalmente) all’apporto proteico, e questo significa che sono le proteine e non la chetogenica in sé ad avere un vantaggio su quest’aspetto, suggerendo che altre diete, non chetogeniche, possono apportare gli stessi vantaggi sulla regolazione della fame e sazietà che riscontriamo nelle diete chetogeniche.

Da sottolineare, comunque, che la dieta chetogenica è considerata sicura, gli effetti collaterali sono minimi e temporanei. Chiaramente, come tutti gli approcci particolari, prevedono delle controindicazioni in alcuni casi patologici.

Infine, c’è da considerare che l’efficacia delle diete chetogeniche dipende anche da come sono strutturate, poiché ci sono diversi protocolli e varianti.

Controindicazioni, danni ed effetti collaterali della dieta chetogenica

La dieta chetogenica è particolarmente controindicata nei disturbi del metabolismo lipidico in quanto i protocolli dietetici chetogenici prevedono un abnorme apporto di lipidi. Quindi, tutti quei soggetti con deficit di carnitinacarnitina palmitoiltransferasi I II (il sistema enzimatico che permette il trasporto degli acidi grassi all’interno del mitocondrio dove avviene la beta-ossidazione), 3-idrossiacil-CoApiruvato carbossilasi non devono seguire una dieta chetogenica.

Non ci sono poi particolari controindicazioni per una dieta chetogenica se non sottolineare che l’applicazione di questa strategia dietetica, in presenza di alcune patologie, come il diabete, è particolarmente complessa e necessita di attento monitoraggio e alcune modifiche ai protocolli tradizionali.

Alla base della preoccupazione circa i danni renali indotti da una dieta chetogenica c’è la convinzione che un apporto proteico maggiore rispetto alle RDA per soggetti sedentari (0,8-1g/kg) possa provocare danni al sistema renale e progressiva perdita di capacità funzionale dei reni. In realtà la letteratura scientifica ha da tempo smentito queste ipotesi, quanto meno per apporti proteici (anche molto elevati) per alcune settimane o mesi, mentre effetti a lunghissimo termine non sono del tutto conosciuti a causa della carenza di studi adeguati.

Una preoccupazione spesso sollevata dai medici circa i potenziali effetti negativi di una dieta a basso contenuto di carboidrati e ad alto contenuto di proteine riguarda i presunti potenziali danni epatici da un eccesso di proteine.

In realtà la ricerca scientifica non è molto corposa a riguardo: in uno dei pochi studi a più lungo termine (solo 4 settimane comunque) non si sono osservati cambiamenti circa gli enzimi epatici in seguito a dieta chetogenica. Gli altri studi a lungo termine riguardano i bambini epilettici che seguono una dieta chetogenica e anche in questo caso non si sono mai verificati danni epatici.

Tuttavia, per onestà intellettuale, questi studi non sono affidabili al 100%. In sostanza, non si può dire con certezza che le chetogeniche non abbiano effetti a lungo termine (anni) sulla funzionalità epatica, e allo stesso tempo è assolutamente poco corretto fare terrorismo psicologico su questo argomento: al momento non ci sono evidenze che una dieta chetogenica correttamente osservata possa danneggiare il fegato.

Insulino-resistenza

Anche se le diete a basso contenuto di carboidrati, e così le diete chetogeniche, tendono, generalmente, a normalizzare i livelli di insulina e di glucosio nel sangue, occorre tener presente che quando i carboidrati vengono reintrodotti, c’è un aumento dell’insulino-resistenza. Tuttavia, questo fenomeno non deve portare alla conclusione che sia meglio non introdurre a vita i carboidrati nella dieta. Semmai dovrebbe far riflettere e spingere gli esperti in nutrizione a ricercare altri metodi per migliorare la sensibilità al glucosio e la funzionalità dei meccanismi insulinici.

C’è poca ricerca riguardante gli effetti fisiologici dei carboidrati reintrodotti dopo un lungo periodo di dieta chetogenica, ma pare che la risposta fisiologica iniziale data dalla reintroduzione dei carboidrati sia simile a ciò che accade in diabetici di tipo II, ovvero, oscillazioni della concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia) e iperinsulinemia. Ad ogni modo, queste risposte non si sono verificate in tutti gli studi e che, a volerla dire tutta, è prevalente in quegli individui che avevano già in precedenza (intendo dire prima di aver seguito la dieta a basso contenuto di carboidrati) problemi di gestione del glucosio e un certo grado di insulino-resistenza.

Più che un effetto collaterale, o un eventuale danno all’organismo a causa della dieta chetogenica, sarebbe più giusto dire che in molti casi una dieta chetogenica non è una strategia ottimale per migliorare le condizioni patologiche di insulino-resistenza, al netto degli eventuali risultati su perdita di peso e grasso.

Trigliceridemia e colesterolo

Il fatto che una dieta chetogenica sia ad alto contenuto di grassi, porta la maggior parte delle persone ad avere preoccupazioni per quanto riguarda gli effetti sulla trigliceridemia, sulla colesterolemia e sul potenziale aumento del rischio per le malattie cardiovascolari. Infatti, alti livelli di colesterolo totale ma soprattutto alti livelli di LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) e bassi di HDL (il cosiddetto colesterolo buono) correlano con un aumento del rischio di malattie.

Effettivamente, i primi studi a breve termine hanno mostrato un forte aumento dei livelli dei lipidi nel sangue in seguito a una dieta high fat. Tuttavia alcune ricerche successive non hanno mostrato cambiamenti rilevanti nei parametri ematici e addirittura alcuni hanno mostrato una diminuzione dei livelli di colesterolo. La ricerca scientifica non ha quindi portato risultati conclusivi ed è errato estrapolare conclusioni a partire dall’analisi di solo una parte degli studi esistenti sull’argomento. Ma perché queste ricerche non sono affidabili?

Il problema è sempre lo stesso: questi sono studi a breve termine e pertanto non solo non sono predittivi di nulla, ma tendono anche a presentare conclusioni variabili. Pochi sono invece gli studi a lungo termine eccetto quelli sui bambini epilettici che hanno seguito anche per 2-3 anni una dieta chetogenica. Questi soggetti però non rappresentano un modello di studio adeguato e quindi non possono essere utilizzati per giungere a delle conclusioni assolute.

Nel loro caso, comunque, i livelli di lipidi nel sangue aumentano (in effetti è considerato uno degli effetti collaterali di una dieta chetogenica osservata in un periodo di tempo così lungo). Ad ogni modo una dieta del genere non è pensata per essere sostenuta a vita e i ricercatori affermano che eventuali alterazioni nei lipidi del sangue possono essere corretti al termine della dieta. A sostegno di questa tesi si fa spesso l’esempio degli Inuit: queste persone seguono una dieta a bassissimo contenuto di carboidrati e alto apporto lipidico per lunghi periodi di tempo ogni anno e nonostante ciò non ci sono evidenze che sviluppino malattie cardiache più rapidamente di altri americani. Questo suggerisce che ci siano altri effetti protettivi a lungo termine (pur con tutte le limitazioni del caso che hanno studi epidemiologici del genere).

Detto questo, alcuni medici esprimono le loro preoccupazioni in seguito all’aumento delle malattie degenerative che si è scoperto essere correlate con alti livelli di lipidi nel sangue. Tuttavia, queste patologie richiedono anni se non addirittura decenni per svilupparsi. A meno che un individuo non osservi una dieta eccessivamente iperlipidica per 10-15 anni senza interruzioni, i ricercatori non ritengono ci possano essere problemi di salute.

Infine, un altro problema nel valutare i livelli di lipidi nel sangue sta nel fatto che questi sono assolutamente dipendenti dalla restrizione calorica e soprattutto dalla perdita di peso (peraltro parliamo di due aspetti correlati). Quindi, possiamo semplicemente dire che la posizione della ricerca scientifica sull’ argomento è questa:

  1. Se un individuo perde peso/grasso seguendo una dieta ipoglucidica/chetogenica, i suoi livelli di colesterolo caleranno.
  2. Se un individuo non perde peso/grasso seguendo una dieta chetogenica, i suoi livelli di colesterolo aumenteranno.

L’esperienza clinica ci dice che gli individui che seguono una dieta ipoglucidica iperlipidica hanno una vasta gamma variabile di risposte: alcuni mostrano una diminuzione drastica del colesterolo, altri un aumento. Per quanto riguarda i trigliceridi di solito con la dieta chetogenica si ha una riduzione dei livelli nel sangue. Questo può essere spiegato con un maggior utilizzo degli acidi grassi nella maggior parte dei tessuti, come ad esempio nel muscolo scheletrico.

Dal momento che non c’è nessuna conclusione assoluta circa i livelli di colesterolo durante una dieta di questo tipo, i soggetti dovrebbero monitorare i livelli di lipidi nel sangue periodicamente.

Stipsi

Un’altra critica che viene fatta alle diete chetogeniche è la sua correlazione con la stipsi. Tale disturbo rappresenta uno degli effetti collaterali più comuni riscontrati in una dieta di questo tipo. Molto probabilmente tutto ciò deriva dallo scarso apporto di fibre alimentari giornaliere: la mancanza di carboidrati induce i ricercatori a pensare che l’assunzione di fibre sia generalmente bassa o comunque molto più bassa rispetto a chi segue una dieta ipocalorica più equilibrata. Non vi è dubbio che la fibra sia un “nutriente” importante per la salute umana. Alla base di ciò si consiglia sempre di utilizzare un integratore di fibre (senza zuccheri) per aumentare l’apporto totale giornaliero.

A onor del vero, comunque, la ricerca pare stabilire (ma non in modo certo e assoluto per ora) che le fibre aggiunte non siano benefiche come le fibre che si trovano naturalmente negli alimenti. Il mio consiglio, dettato sinceramente solo da un po’ di buon senso, è di prevedere il consumo di diverse porzioni di verdure anche nel caso si seguisse una dieta chetogenica in quanto sono indubbiamente benefiche per lo stato di salute e inoltre non contengono grandi quantità di carboidrati e difficilmente ostacolano l’adattamento alla chetosi.

Cosa mangiare nella dieta chetogenica?

dieta chegogenica salute

I cibi della dieta chetogenica devono essere privi o quasi totalmente privi di carboidrati: per questo l’attenzione viene rivolta a prodotti come carne, pesce, uova, frutta secca, olio.

Alimenti consentiti

Per quanto riguarda le fonti proteiche, non c’è restrizione di sorta, anche se è evidente che una dieta chetogenica sarà sbilanciata sulle proteine animali piuttosto che vegetali, poiché quest’ultime provengono spesso da fonti anche ricche di carboidrati. Infine, le diete chetogeniche sono ricche in grassi, e le fonti principali da considerare sono frutta secca, pesce, olio evo e tutte le fonti di grassi insaturi e a media catena. Tuttavia, proprio per l’enorme apporto lipidico previsto, spesso bisogna giungere a compromessi e accettare di consumare anche fonti ricche di grassi saturi, che sono anche ricche di proteine

Alimenti vietati

Sono implicitamente eliminati dalla dieta (o ridotti all’osso) i cereali, le patate, la frutta zuccherina e qualsiasi alimento ricco di carboidrati. L’esiguo apporto glucidico sarà soddisfatto totalmente (o in gran parte) dal consumo di verdure.

Dieta chetogenica per dimagrire

Il discorso base non cambia mai: per dimagrire e perdere grasso c’è bisogno del deficit calorico, quindi di una dieta ipocalorica. Alcune caratteristiche attribuite allo stato di adattamento alla chetosi hanno reso maggiormente interessante la dieta chetogenica rispetto ad altre ipocaloriche: la soppressione dell’appetito e il senso di benessere (assenza di astenia e senso di spossatezza), condizioni che spesso la gente soffre nel tentativo di perdere peso.

Ad ogni modo, almeno per quanto riguarda la sensazione di sazietà, ciò non sembra dovuto tanto allo stato di chetosi, quanto all’effetto delle proteine. Dunque, tale vantaggio non è caratteristica esclusiva delle chetogeniche, piuttosto delle diete iperproteiche.

Già da un po’ di anni, alcuni ricercatori suggeriscono che le diete a basso contenuto di carboidrati come trattamento per l’obesità, si basano sul semplice assunto che i soggetti tendono a mangiare meno calorie (e quindi a perdere più peso/grasso) quando i carboidrati sono limitati a massimo 30-50 grammi al giorno o meno.

La dieta chetogenica non è comunque superiore ad altre ipocaloriche relativamente iperproteiche per quanto riguarda la perdita di grasso. Semmai può essere migliore, in alcuni casi, e su alcuni soggetti, per gli effetti di soppressione dell’appetito indotti dall’introito elevato di proteine e grassi che stimolano maggiormente la sazietà, rispetto agli zuccheri e per l’effetto dei chetoni (seppur questo anche è ancora discusso).

Nel corso del tempo sono stati sviluppati approcci differenti a questo regime alimentare, sono nate così le diete chetogeniche cicliche, di cui probabilmente la più famosa è ancora la dieta metabolica.

Esempio di dieta chetogenica

alimenti dieta chetogenica

Ecco un esempio di dieta chetogenica con alcuni alimenti comuni che puoi mangiare.

Colazione:

  • Yogurt e latte interi
  • Uova
  • Formaggi
  • Prosciutto o pancetta (sconsigliata)
  • Frutta secca
  • Salmone affumicato

Pranzo:

  • Carne o pesce
  • Formaggi o uova
  • Avocado o oliva
  • Verdure fibrose (cavolfiore, insalata, finocchio, zucchine, ecc.)
  • Olio d’oliva o burro

Cena:

  • Carne o pesce
  • Formaggi o uova
  • Avocado o olive
  • Verdure fibrose (cavolfiore, insalata, finocchio, zucchine, ecc.)
  • Olio d’oliva o burro

Spuntini:

  • Frutta secca
  • Yogurt intero

In generale è sempre meglio preferire grassi monoisaturi e di non esagerare con la carne rossa ed i grassi animali. Anche i formaggi ed il loro contenuto di sale non dovrebbe eccedere le dosi giornaliere raccomandate (3-5g). Si consiglia di aumentare l’idratazione bevendo anche 3-3,5dl ogni 10kg di peso corporeo.

Dieta chetogenica schema

Esempio 1 – Maschio di 80 kg che si allena con i pesi

Fase 1

Impostare l’apporto calorico totale

Calcolare il proprio TDEE – facciamo sia 2500 kcal
Tagliare del 20-25% le calorie – 2500-600= 1900 kcal
Fase 2

Impostare l’assunzione proteica

Moltiplicare il peso in kg per 1,6-2,2 g/kg= 80×2= 160 g
160 g di proteine equivalgono a 640 kcal
Fase 3

Impostare l’assunzione di carboidrati

20g di carboidrati = 80 kcal
Da assumere attraverso verdure
Fase 4

Impostare l’assunzione di grassi

Sottrarre le kcal assunte da proteine e carboidrati al totale calorico
1900 – 640 – 80 = circa 1180 kcal
1180 kcal / 9 = circa 130 g di grassi

Quindi, la dieta chetogenica della persona presa da esempio sarà così composta:

  • Proteine:160 grammi / giorno.
  • Carboidrati:20 grammi / giorno.
  • Grassi:130 grammi / giorno.

Dopo le prime tre settimane di dieta, è possibile aumentare leggermente l’introito di glucidi e ridurre l’introito proteico.

Esempio 2 – Donna di 65 kg che si allena con i pesi

Fase 1

Impostare l’apporto calorico totale

Calcolare il proprio TDEE – facciamo sia 1800 kcal
Tagliare del 20-25% le calorie – 1800-400= 1400 kcal
Fase 2

Impostare l’assunzione proteica

Impostiamo le proteine a 130g perché è il minimo consentito
130 g di proteine equivalgono a 520 kcal
Fase 3

Impostare l’assunzione di carboidrati

20g di carboidrati = 80 kcal
Da assumere attraverso verdure
Fase 4

Impostare l’assunzione di grassi

Sottrarre le kcal assunte da proteine e carboidrati al totale calorico
1400 – 520 – 80 = circa 800 kcal
800 kcal / 9 = circa 90 g di grassi

La dieta chetogenica sarà quindi così composta:

  • 130 proteine.
  • 20 carboidrati.
  • 90 grassi.

Dopo tre settimane, l’assunzione di proteine nella dieta può essere abbassata e l’assunzione dei grassi o dei carboidrati potrà essere aumentata al fine di raggiungere il fabbisogno calorico determinato.

Dieta chetogenica nello sport

Dieta chetogenica perdere peso

La degradazione delle proteine durante il digiuno totale per la produzione di glucosio ha portato negli anni a studiare e sperimentare due approcci nettamente diversi tra loro, con il fine di evitare o quanto meno ridurre questa perdita. L’approccio più intuitivo e più semplice è stato quello di fornire glucosio in modo da eliminare la necessità di utilizzare le proteine a scopo energetico. Questo ha però avuto un effetto secondario negativo e intuibile: l’adattamento alla chetosi non avveniva o avveniva più lentamente.

Il secondo approccio si è basato, invece, su un ragionamento sostanzialmente differente: poiché in assenza di glucosio, prima che il corpo si adatti completamente alla chetosi, una buona parte delle proteine viene utilizzata a scopo energetico con conseguenze negative sulla massa muscolare, noi risolviamo il problema semplicemente aumentando l’introito proteico. In questo modo, la massa muscolare verrà intaccata in modo molto minore.

Questa intuizione non presenta nemmeno il lato negativo del primo approccio: è vero che anche le proteine innalzano l’insulina, ma lo fanno in maniera minore rispetto ai carboidrati che portano a una consistente elevazione della glicemia; inoltre, le proteine stimolano anche il glucagone. In questo modo le condizioni per instaurare la chetosi sono grossomodo mantenute (il livello di proteine assumibili prima che queste intaccano sui processi di chetosi è molto alto se l’apporto glucidico è minimo).

Dopo molte ricerche, studi e dibattiti, si è concluso che un apporto di proteine di circa 1,5 – 1,75 g/kg di peso corporeo ideale basterebbe a risparmiare la maggior parte della perdita di azoto (e quindi a ridurre il catabolismo proteico muscolare) soprattutto una volta che ci si è adattati alla chetosi e quindi le richieste di glucosio sono diminuite sensibilmente (circa 30 grammi solo per il cervello a fronte di quasi 100 grammi al giorno in condizioni normali).

Sotto questo punto di vista, quindi, in qualsiasi tipo di dieta chetogenica, l’adeguamento dell’introito proteico giornaliero è indispensabile per preservare la maggior parte della massa muscolare. In generale, indipendentemente dal peso corporeo, la quantità minima di proteine che deve essere consumata durante le prime 3 settimane di una dieta chetogenica sembrerebbe essere di circa 150 grammi al giorno, come indicato anche da Lyle McDonald, mentre dopo le prime 3-4 settimane l’apporto proteico può anche essere abbassato.

In conclusione, le diete chetogeniche possono essere utili per mantenere la massa muscolare se l’apporto proteico è adeguatamente corretto, ma ad ogni modo non ci sono evidenze che siano peggiori o migliori di altre ipocaloriche con apporto proteico idoneo.

Epilessia e dieta chetogenica

La dieta chetogenica è uno strumento terapeutico sempre più impiegato (io ne auspico una sempre maggior diffusione in quanto sono ancora tanti i pediatri e i neurologi non sufficientemente aggiornati in questo senso) nelle epilessie farmacoresistenti. Secondo una recente Consensus, la dieta chetogenica andrebbe considerata dopo aver costatato l’inefficacia dei primi 2 farmaci antiepilettici utilizzati, oppure, ancora meglio, come adiuvante la terapia farmacologica.

Ormai è stato stabilito che durante l’età evolutiva, se correttamente condotta, la dieta chetogenica non determina sovvertimenti del trend auxologico come invece si credeva in passato (cioè, la crescita dei bambini non è compromessa). Sotto il profilo strettamente clinico la dieta chetogenica sembra associata a una riduzione della frequenza di crisi maggiore del 90% nel 30% dei pazienti trattati, indipendente da età, tipo di crisi ed eziologia.

Conclusioni sulla dieta chetogenica: pro e contro

In conclusione, la dieta chetogenica non dimostra particolari controindicazioni, ma nemmeno grandi vantaggi rispetto ad altre diete iperproteiche: la sazietà, sicuramente un fattore utile da considerare per chi vuole dimagrire con una dieta ipocalorica, è infatti garantita dall’alto apporto proteico e non dalla chetogenica in sé. I potenziali contro di danni epatici o renali sono smentiti, almeno per ora, dalla ricerca scientifica.

 

Autore: dott. Daniele Esposito, autore di Project Diet.

 

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