“La panca inclinata è un ottimo esercizio per il petto alto” è una delle affermazioni più quotate in palestra; tuttavia, attualmente, non vi è nessuna conferma scientifica a riguardo. L’obiettivo di questo articolo è fare il punto della situazione, dal punto di vista scientifico, di come stiano realmente le cose riguardo all’allenamento del petto alto e più in generale del petto, per capire, in pratica, che cosa puoi fare per stimolarlo al meglio.
Perché in palestra senti dire che la panca inclinata stimola di più il petto alto?
La parte superiore del petto è molto spesso un punto carente in molti atleti. Questo ha portato a porre una certa attenzione agli esercizi per il grande pettorale in cui viene sollecitata la sua porzione superiore. Il perché la parte alta del petto appaia carente è molto probabilmente spiegato dalla forza di gravità: il braccio viene attirato verso il basso, pertanto è logico che la parte superiore risulti stirata mentre i fasci medi e inferiori siano passivamente più contratti. Se un atleta si posizionasse a testa in giù con le braccia penzolanti, noterebbe che i fasci superiori si “riempirebbero” mentre i fasci inferiori si appiattirebbero. Allo stesso modo ciò si può notare elevando il braccio in verticale. Pertanto, il petto alto non è effettivamente un punto carente di per sé, piuttosto la sua pienezza è penalizzata da questioni gravitazionali e dalla posizione del bracco rispetto al corpo. Ciò nonostante, è interesse dell’atleta fare in modo che in normale posizione eretta con le braccia ai fianchi l’effetto visivo del grande pettorale sia quello di un muscolo pieno e gonfio anche nella sua parte alta.
Inclinare la panca sugli esercizi dedicati al gran pettorale (distensioni, croci) è una pratica che avrebbe il fine di aumentare l’attivazione o il reclutamento dei fasci superiori del muscolo in questione(1). Questa ipotesi è basata sul fatto che durante il movimento di flessione orizzontale della spalla (piano trasversale), l’inclinazione della panca altera il piano di lavoro. Questa modifica cambia quindi la direzione del movimento della spalla, determinando una differente attivazione delle unità motorie innervate nel grande pettorale(2)(3).
Il gran pettorale è responsabile nel compimento di molti movimenti della spalla su diversi piani anatomici, ma l’attivazione dei tre fasci che lo compongono – clavicolari, sternocostali e addominali – varia in base al piano di lavoro specifico. Poiché l’inclinazione della panca favorisce un movimento su un piano bidimensionale, intermedio cioè tra la flessione e la flessione orizzontale (2 – o tra i piani trasverso e sagittale) questo sembrerebbe essere più adatto per la stimolazione specifica dei fasci superiori del gran pettorale in quanto segue la direzione delle sue fibre. Su queste basi è stata supportata la comune teoria secondo cui il grado di inclinazione della panca determina l’attivazione dei tre fasci: la panca inclinata per il “petto alto”, e la panca declinata per il “petto basso”. In passato questa ipotesi era sostenuta da basi prettamente teoriche di anatomia e biomeccanica, fino a quando alcuni studi degli anni ’90 non effettuarono delle misurazioni dirette rivelando alcuni dati inaspettati(2)(3).
Anatomia funzionale del petto (gran pettorale)
Il grande pettorale è un muscolo a fasci paralleli della tipologia a ventaglio. Origina dalla metà mediale anteriore della clavicola, dalla faccia anteriore dello sterno, dalla sesta e settima costa, e dalle aponeurosi (origini) del retto dell’addome e dell’obliquo esterno dell’addome. Le definizioni sulle varie origini del muscolo non sono perfettamente coerenti tra le varie fonti, ma tali differenze non hanno importanza in questa sede. Il muscolo si inserisce con un robusto tendine appiattito nel labbro esterno del solco bicipitale dell’omero, lateralmente alle inserzioni del grande dorsale e del grande rotondo. È interessante notare che l’inserzione dei diversi fasci è invertita o incrociata, a significare che il tendine è avvolto su se stesso cosicché i fasci bassi sono inseriti più prossimalmente (in alto), al di sotto dei fasci alti che sono inseriti più distalmente (in basso).
Come funziona il petto (gran pettorale)?
Il gran pettorale ha diverse funzioni nel movimento della spalla su molti piani di lavoro, cioè flessione, estensione, flessione orizzontale (o adduzione orizzontale), adduzione, intrarotazione, e naturalmente in movimenti intermedi tra quelli citati. Essenzialmente questo muscolo interviene in una buona parte dei movimenti della spalla intesa come articolazione gleno-omerale. In realtà esso ha altre funzioni secondarie indirette, mobilizzando tutto il cingolo scapolo-omerale prevalentemente tramite anteposizione e depressione delle spalle. Per quanto riguarda i fasci clavicolari del gran pettorale, questi sono ampiamente coinvolti durante la flessione orizzontale (piano trasversale), predominano sugli altri capi durante la flessione pura della spalla (piano sagittale), e sono sono antagonisti durante l’estensione della spalla(4).
Qual è la funzione più importante del gran pettorale?
Tra i vari movimenti anatomici citati, il gran pettorale è il più importante muscolo agonista nella flessione orizzontale della spalla(5)(6), un movimento caratterizzante le distensioni e le croci, o macchinari come la chest press o la pectoral machine. Durante la flessione orizzontale, i fasci clavicolari hanno una loro specifica direzione nella contrazione (line of pull o line of action) che, guardando il soggetto in piedi, va dal basso verso l’alto. Anatomicamente, i fasci clavicolari originano dal punto più alto su torace, ma si inseriscono nel punto più basso sull’omero, pertanto nella flessione orizzontale questi vengono generalmente più coinvolti quando omero parte da un livello di abduzione tra i 45° e i 60°, muovendosi diagonalmente verso il viso(7). Questo meccanismo, noto come differenziazione funzionale, riconosce come il sistema nervoso centrale sia capace di attivare selettivamente o preferenzialmente alcuni fasci di un muscolo piuttosto che altri in base alla line of pull(4).
Esistono molti altri muscoli sinergici nel movimento di flessione orizzontale della spalla, prevalentemente il deltoide anteriore, il coracobrachiale, il bicipite brachiale (specie il capo breve) e, in minor misura, il sottoscapolare. Una particolare attenzione in questo caso merita il capo anteriore del deltoide, il più comunemente citato tra i muscoli sinergici in questo movimento, la cui attività viene regolata dall’inclinazione della panca(2)(8)(9).
Panca inclinata: cosa comporta l’inclinazione della panca per il gran pettorale?
L’inclinazione della panca porta il grande pettorale in svantaggio meccanico, e ciò si riflette su una generale perdita di forza nella distensione rispetto alla panca piana e declinata(2)(3)(10). La riduzione della forza risulta essere proporzionale all’inclinazione al di sopra dell’orizzontale(2)(8). Questo perché la forza viene trasferita preferenzialmente su una selezione più ristretta dei fasci del gran pettorale portandone alcuni fuori gioco. A causa della dipendenza dalla gravità, l’inclinazione della panca è capace di modificare l’angolo di trazione del muscolo (angle of pull) in maniera da favorire l’attività ottimale dei fasci clavicolari. La flessione orizzontale in diagonale (partendo da omero più addotto), comporta una maggiore attivazione dei fasci clavicolari perché questi sono in vantaggio meccanico: oltre ad essere più prestirati, “tirano” l’omero da un’angolazione ad esso perpendicolare verso la loro origine (clavicola). Ciò significa che l’omero sta compiendo esattamente il movimento che compete a questa porzione in una posizione favorita dalla gravità, riuscendo anche a consentirne un maggiore allungamento nella fase eccentrica. Questo angolo di lavoro non rispetta invece la line of pull dei fasci sternocostali e addominali, che oltre ad essere più precontratti, tirano l’omero in direzioni differenti e in alcuni casi opposte, ma sono svantaggiati anche perché meno perpendicolari alla leva (omero – 11).
In ultima istanza, l’inclinazione della panca altera le curve della forza e della resistenza (strength curve e resistance curve) lungo il range di movimento (ROM) previsto. La resistenza e la forza muscolare durante il movimento non sono costanti, ma variano in base ai punti del ROM a causa della gravità(12). Questo significa che i punti più difficili del ROM previsto dalle due varianti sono differenti, collocandosi a livelli diversi durante la flesso-estensione orizzontale della spalla.
Attivazione (EMG) del gran pettorale: quali porzioni del petto si attivano in base agli angoli di lavoro?
Negli anni ’90 vennero pubblicati i primi due studi che confrontarono le differenze di attivazione del gran pettorale tra varie inclinazioni della panca (Barnett et al., 1995; Glass e Armstrong, 1997 – 2,3). Entrambi registrarono un’attivazione del petto clavicolare non significativamente differente tra la panca piana e l’inclinata, quando l’inclinazione era rispettivamente di +40° e +30°. In entrambi i casi i soggetti erano giovani e allenati, e i carichi utilizzati corrispondevano ad intensità di carico medio-alte (70-80% 1-RM).
Fino a tutti gli anni 2000 la letteratura ufficiale sembrava confermare che l’inclinazione della panca non influenzasse l’attività dei fasci clavicolari, fino al 2010, anno in cui viene pubblicato lo studio di Trebs et al(8). In questa analisi i ricercatori paragonarono diverse inclinazioni della panca per verificare se le osservazioni precedenti potessero essere confermate anche con maggiori inclinazioni di quelle testate. Qui vennero confrontate 4 differenti inclinazioni: 0°, +28°, +44°, +56°. Si osservò che un aumento dell’attività del fascio clavicolare avvenisse da +44°, ma le differenze tra la panca piana e l’inclinata a +28° non erano significative. Queste osservazioni erano coerenti con i risultati precedenti, lasciando concludere che fino a circa +40° il petto alto non venisse molto influenzato dall’inclinazione della panca. Il quarto studio fu quello di Luczak et al. (2013 – 9), dove, nonostante diverse limitazioni (tra cui carichi <30% 1-RM), vennero riconfermate le osservazioni di Trebs: un’inclinazione di +45° produceva un aumento significativo dell’attività del gran pettorale clavicolare rispetto alla panca piana. È importante tenere presente che 3 su questi 4 studi, analizzando l’attività del deltoide anteriore, osservarono che essa aumentava in proporzione all’inclinazione. Un’altra osservazione rilevante fatta da Barnett, fu che la presa stretta aumentava l’attività del fascio clavicolare rispetto alla presa larga in tutte le varianti testate, tra cui la panca piana.
Le varie analisi organizzarono i protocolli in maniere differenti. Gli studi di Barnett e di Trebs usarono la smith machine, Glass e Armstrong usarono il bilanciere libero, mentre Luczak prescrisse l’uso dei manubri. I primi tre studi usarono carichi realistici per l’attività in palestra (70-80% 1-RM), mentre Luczak usò manubri da 4.5 kg. Ad ogni modo, le conclusioni generali sono state che il petto clavicolare aumenta significativamente la sua attività, rispetto alla panca piana, solo quando l’inclinazione raggiunge circa +45°. Questo livello di inclinazione può essere però svantaggioso per diversi motivi, tra cui, un generale decremento dell’attività del gran pettorale con i fasci sternocostali e addominali, un grande trasferimento della forza sui deltoidi anteriori, e un’importante perdita di forza nella distensione.
La panca inclinata può aumentare veramente l’attivazione della parte alta del petto?
La panca inclinata può essere effettivamente capace di aumentare l’attivazione del fascio clavicolare, ma solo se l’inclinazione raggiunge circa i 45°. Questo è dovuto sostanzialmente all’alterazione del piano di lavoro e al diverso angolo di trazione. Poco considerato è il fatto che anche sulla panca piana il piano di lavoro può essere alterato a tal punto da ricreare all’incirca queste premesse. Queste ipotesi sono state confermate da un’analisi non pubblicata di Paoli et al, in cui venne osservato che a 60° di abduzione della spalla, l’attività EMG dei fasci clavicolari durante la flessione orizzontale fosse maggiore che a 30° o a 90°(7). Proprio Barnett, in precedenza, rilevò che in tutte le varianti della panca testate, la presa stretta attivasse di più i fasci clavicolari rispetto alla presa larga, anche su panca piana(2). Si osservò che la presa stretta tendesse ad orientare i gomiti verso l’esterno, imponendo una flessione orizzontale su un piano bidimensionale come descritta da Paoli. Sempre secondo Barnett, su panca piana la presa stretta produceva un’attivazione simile dei fasci sternocostali, ma maggiore dei fasci clavicolari. Un altro studio degno di nota fu quello di Lehman (2005 – 13), dove si registrò un aumento dell’attività del fascio clavicolare del 30% sulla panca piana con la presa inversa (supina) rispetto alla normale presa prona. Anche in questo caso è largamente probabile che ciò fosse dovuto ad una traiettoria dell’omero alterata, poiché la presa inversa impone in partenza una grande adduzione dell’omero rispetto alla presa prona. Si creano quindi le condizioni per seguire un piano di lavoro più funzionale ai fasci clavicolari del gran pettorale, come confermato da Barnett e Paoli.
La teoria proposta riconosce che la flessione orizzontale della spalla che parte con omero più addotto (45-60°), allontani origine e inserzione dei fasci clavicolari portandoli in una posizione di maggiore prestiramento, e questo avviene anche sulla panca piana(7). Un altro aspetto rilevante in questo senso è che la traiettoria a due dimensioni permette di rispettare perfettamente la line of pull caratteristica di questi fasci, cosa che non avviene allo stesso modo con le distensioni a presa larga o con le croci a braccia molto aperte.
In conclusione, il fattore condiziona l’attività del fascio clavicolare del gran pettorale sembra essere il piano di lavoro specifico dell’omero, e non necessariamente o solo l’inclinazione della panca. Sulla panca piana è possibile massimizzare l’attività dei fasci clavicolari solo modificando la traiettoria dell’omero, partendo quindi da un minore livello di abduzione (circa 45-60°). L’inclinazione della panca riesce ad aumentare l’attivazione dei fasci superiori solo a partire da circa 45°, ma non è dato sapere se questo effetto possa essere simile alla semplice modifica dell’angolo dell’omero su panca piana. Anche questa modifica porta ad una leggera riduzione della forza, ma minore di quanto imponga la panca inclinata(2).
Il piano anatomico dei fasci clavicolari
Nella pratica, sulla panca inclinata non sempre gli omeri vengono addotti di proposito. Molto più spesso l’utente medio tende a mantenere un livello di abduzione della spalla non dissimile da quello adottato su panca piana (70-90°). La maggiore abduzione della spalla nella panca inclinata comporta una riduzione del ROM in fase eccentrica, con la differenza che il massimo stiramento del grande pettorale avviene prima, cioè ad un minore grado di estensione orizzontale. Questa variante risulta facilitata, perché il ROM è ridotto e i fasci del gran pettorale riescono a raggiungere più facilmente un maggiore livello di stiramento. Se le spalle vengono più addotte (45-60°), l’omero riesce a scendere più in profondità (maggiore iperestensione orizzontale), permettendo di compiere una traiettoria dell’omero più adatta alle fibre dei fasci clavicolari come sopra descritta.
In questo caso i fasci clavicolari sono maggiormente reclutati, mentre i deltoidi anteriori lo sono meno(2). Inoltre, se già di per sé l’inclinazione della panca impone una leggera extrarotazione degli omeri, con una maggiore adduzione in partenza l’extrarotazione è maggiore. Questo può tradursi in un ulteriore prestiramento dei fasci superiori.
Come eseguire “in sicurezza” la panca inclinata?
Durante gli esercizi su panca inclinata è suggerita una maggiore adduzione della spalla (chiusura dei gomiti) per rispettare la linea di trazione delle fibre clavicolari e per portarle in prestiramento, ma tale scelta ha anche il vantaggio per preservare la salute articolare. Questa modifica è suggerita per prevenire lo stress sui legamenti gleno-omerali e sulla capsula articolare, che con la spalla abdotta a circa 90° sono sottoposti ad una grande tensione se il gomito si trova posteriormente al corpo(10)(14). Un altro vantaggio della panca inclinata è quello di impedire un’eccessiva iperestensione della spalla dovuta al diverso angolo di lavoro: grazie all’inclinazione del busto, l’omero raggiunge un minore livello di iperestensione rispetto alla panca piana.
In linea teorica, i movimenti di flessione e flessione orizzontale dell’omero oltre i 60°-80° possono determinare impingement subacromiale se la scapola non si muove correttamente secondo il ritmo scapolo-omerale. Nella panca inclinata si potrebbe supporre questo rischio, perché le scapole sarebbero intrappolate tra il torace e lo schienale, e non sarebbero quindi capaci di muoversi liberamente in elevazione. Alcune analisi della panca inclinata a 45° hanno osservato che il trapezio superiore intervenga in maniera piuttosto significativa(9), ma non è dato sapere se questa attivazione corrisponda effettivamente ad un ampio movimento di elevazione scapolare. Non si può quindi escludere il rischio di impingement subacromiale ad un livello di flessione orizzontale di almeno 80-90° se la panca è piuttosto inclinata (~45°). Per ovviare a questo problema si può semplicemente ridurre il grado di inclinazione (~30°), e/o arrestare il movimento poco prima degli 80-90° di elevazione della spalla. Quest’ultima scelta permette di rispettare il principio della tensione continua a vantaggio dell’ipertrofia, perché una volta che l’omero raggiunge il perpendicolare al terreno, il carico interno viene ridotto ai livelli minimi(12), mentre i fasci clavicolari si trovano in una posizione di svantaggio meccanico(11). Si avrebbe quindi il doppio vantaggio di prevenire l’impingement subacromiale e enfatizzare il lavoro e lo stress meccanico-metabolico dei fasci clavicolari.
Quali esercizi puoi eseguire per stimolare il “petto alto” ?
Conclusioni e consigli pratici sul petto alto e la panca inclinata
– Anche su panca piana è possibile modificare l’esecuzione per enfatizzare l’attivazione dei fasci clavicolari, stringendo l’impugnatura(2). Le varianti specifiche per i fasci clavicolari dovrebbero prevedere un’impugnatura all’ampiezza delle spalle, ma con i gomiti orientati esternamente(2) e non lungo i fianchi come nelle distensioni a presa stretta per tricipiti. Un’altra valida alternativa è la panca a presa inversa (supina), la quale impone una traiettoria dell’omero simile(13). Le distensioni con manubri o le croci, essendo ad arti indipendenti, necessitano di un maggiore controllo volontario della traiettoria dell’omero per riproporre questo movimento specifico, mantenendolo addotto nelle prime fasi della contrazione concentrica.
– Una terza possibilità è quella di eseguire gli esercizi su panca meno inclinata di 45°, ma mantenere una presa stretta o i gomiti chiusi durante l’esecuzione. Pur essendo l’inclinazione tra 30° e 40° non significativamente efficace per aumentare l’attivazione del gran pettorale rispetto alla panca piana, con queste stesse inclinazioni è comunque possibile ottenere tale effetto stringendo l’impugnatura alla larghezza delle spalle e mantenendo i gomiti orientati esternamente(2). Questo rappresenta un valido compromesso per permettere di aumentare l’attivazione dei fasci sternocostali e addominali, ridurre l’attività dei detoidi anteriori, e mantenere una maggiore espressione della forza.
Non è stato possibile verificare le differenze nell’attivazione del fascio clavicolare tra la panca piana a presa stretta e la panca inclinata a 45°, ma entrambe possono essere usate per lo stesso scopo. Le principali differenze tra le due varianti sono da riconoscere nel fatto che la prima permette di sollevare carichi maggiori, di coinvolgere relativamente meno i deltoidi anteriori(2) e di permettere uno stiramento dei fasci clavicolari leggermente maggiore (maggiore iperestensione della spalla) ma una minore contrazione. Che si tratti di panca piana o inclinata, è il piano di lavoro specifico condiviso da entrambe le varianti che si è rilevato più idoneo per l’attivazione specifica dei fasci clavicolari. In questo senso le due modalità trattate possono essere complementari tra loro per stimolare il petto alto. La varietà degli angoli di lavoro è infatti generalmente suggerita come strategia per massimizzare l’ipertrofia muscolare(1).
È bene terminare l’articolo sollevando dei dubbi sulla relazione tra attività elettromiografica (EMG) e ipertrofia muscolare a lungo termine. Nonostante si tenda a dare per scontato che una maggiore attivazione area-specifica si traduca in una maggiore risposta ipertrofica della stessa area in cronico(1), queste relazioni sono solo ipotetiche. Di conseguenza tali dati non confermano che la panca inclinata sia la migliore scelta per sviluppare il petto alto, poiché per verificarlo sarebbero necessari studi a lungo termine sull’effettiva crescita muscolare regionale, attualmente non esistenti a riguardo.
Ringraziamenti:
Un ringraziamento speciale al Dott. Giose Ussia, Medico ortopedico, ha offerto la sua supervisione e fornito diversi suggerimenti per la stesura dell’articolo. Un altro grande ringraziamento va a Paolo Evangelista, autore del libro DCSS. Power mechanics for power lifters e di altri articoli secifici dal quale ho attinto diverse informazioni, e che si è presentato molto disponibile nel darmi qualche suggerimento e la possibilità di utilizzare le sue immagini.
Riferimenti:
1. Fleck SJ, Kraemer WJ. Designing resistance training programs (4th ed). Human Kinetics, 2014. pp. 184.
2. Barnett et al. Effects of variations of the bench press exercise on the emg activity of five shoulder muscles. J Strength Cond Res. 1995 9(4), 222-227.
3. Glass SC, Armstrong Ty. Electromyographical activity of the pectoralis muscle during incline and decline bench presses. J Strength Cond Res. 1997 11, 163–167.
4. Paton et al. An electromyographic analysis of functional differentiation in human pectoralis major muscle. J Electromyogr Kinesiol. 1994;4(3):161-9.
5. Kuechle et al. Shoulder muscle moment arms during horizontal flexion and elevation. J Shoulder Elbow Surg. 1997 Sep-Oct;6(5):429-39.
6. Terry GC, Chopp TM. Functional anatomy of the shoulder. J Athl Train. 2000 Jul-Sep; 35(3): 248–255.
7. Paoli A, Neri M. Principi di metodologia del fitness. Elika, 2010. pp. 315.
8. Trebs et al. An electromyography analysis of 3 muscles surrounding the shoulder joint during the performance of a chest press exercise at several angles. J Strength Cond Res. 2010 Jul;24(7):1925-30.
9. Luczak et al. Shoulder muscle activation of novice and resistance trained women during variations of dumbbell press exercises. J Sports Med. 2013 Dec.
10. Evangelista P. DCSS. Power mechanics for power lifters. Olympian’s News, 2011. pp. 537-540, 565.
11. Evangelista P. Attivazione selettiva del pettorale. smartlifting.org, 19 mag 2012.
12. Keogh et al. Practical applications of biomechanical principles in resistance training: Moments and moment arms. J Fit Res. 2013 Dec;2(2):39-48.
13. Lehman GJ. The influence of grip width and forearm pronation/supination on upper-body myoelectric activity during the flat bench press. J Strength Cond Res. 2005 Aug;19(3):587-91.
14. Durall et al. Avoiding shoulder injury from resistance training. Strength Cond J. 2001 23:10-18.
15. Weitz B. Minimizing weight training injuries in bodybuilders and athletes. In: Mootz RD, McCarthy KA. Sports chiropractic. Jones & Bartlett Learning, 1999. pp. 17-23.
Note sull’autore:
Lorenzo Pansini nasce a Trieste nel 1988. Oltre a praticare da un decennio bodybuilding natural, consegue i titoli di Personal Trainer, Istruttore di fitness e bodybuilding, e partecipa a diversi seminari presso lo CSEN-CONI. Da diversi anni autopromosso come gestore e principale contributore nel progetto fitness e bodybuilding su wikipedia, è autore di centinaia di articoli sulla nota enciclopedia online inerenti al bodybuilding, al fitness, e ad argomenti correlati come l’alimentazione, la supplementazione e la fisiologia. Uno dei suoi principale obiettivi come autore, è quello divulgare informazioni aggiornate, complete e rigorosamente su base scientifica sfatando i dogmi, i falsi miti e i luoghi comuni molto diffusi nell’ambiente fitness e bodybuilding, tramite analisi critiche e oggettive fondate solo su una ricca bibliografia scientifica.”
Collabora e scrive articoli per la rivista Body Science Magazine
Mail: lorenzo.pansini@gmail.com
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