I carichi alti sono funzionali all’ipertrofia, ha senso seguire una scheda di allenamento per forza nel bodybuilding? Per prima cosa possiamo provare a dare un’occhiata a quel come ci risponde la cultura “popolare”.
- “A stronger muscle is a bigger muscle”
- Per crescere si deve lavorare nel “Range ipertrofia”
- “I carichi alti servono solo all’EGO”
- “Il carico è solo un mezzo, non il fine”
- “I Bodybuilder sono più grossi dei Powerlifter”
Confusi? Anche io, riproviamo da capo.
I carichi alti sono funzionali all’ipertrofia? SI.
Il tutto potrebbe banalmente ridursi a questo, perchè? Perchè di fatto è così, lo stress (prevalentemente meccanico) dato dal sollevare un carico tra l’85 e il 100% RM (range di forza) o anche più (sovramassimale) comporta anche un adattamento ipertrofico del muscolo. Il problema è che questo non è traducibile nel “con i carichi grossi cresco lo stesso”. Lo stress è diverso, il tipo di lavoro totalmente, così l’adattamento anche sarà diverso. Dunque proviamo a riformulare la domanda.
Nel Bodybuilding ha senso allenarsi per la forza? Si. L’allenamento per la Forza permette di migliorare l’ipertrofia in maniera diretta ed indiretta. Vediamo il perchè e il percome.
Qualche nozione di base sull’ipertrofia muscolare
. Stress diversi
L’allenamento è volto a creare uno stress nel nostro corpo, stress che assume sfumature diverse sulla base del tipo di lavoro svolto. Possiamo distinguere pertanto due sottoclassi (questa distinzione l’avevo già approfondita nel mio articolo sull’allenamento metabolico ma sempre meglio ribadire certi concetti):
- Stress Meccanico. Derivante dal reclutamento ed intervento delle fibre muscolari. [2] In sostanza è direttamente proporzionale all’intensità di carico (più sollevate più stress meccanico avrete). Questa tipologia di stress è classica e tipica dei sollevatori di pesi (powerlifter e weightlifter) e meno comune tra i Bodybuilder dove si propende per l’utilizzo di carichi nel famoso “range ipertrofia” di 6-15 ripetizioni senza arrivare ai massimali.
- Stress Metabolico. Ossia la risultante dell’accumulo di metaboliti, in particolare il lattato, il piruvato e di ioni H+ [3] [4]. Mentre lo stress meccanico è tipico di carichi alti, lo stress metabolico è normalmente conseguente a sessioni di bodybuilding più tradizionale con TUT compresi tra i 40’’ e i 60’’ e particolarmente incentivato da tecniche di intensità varie (BFR ed in generale quelle che portano ad un pompaggio elevato).
Ora un primo concetto da tenere bene a mente. Durante una seduta d’allenamento entrambe le tipologie di stress coesistono sempre. La loro entità varierà sulla base del tipo di lavoro svolto. Così una routine tipicamente di forza (STR) porrà l’accento sulla tensione meccanica mentre una routine tipicamente di ipertrofia (HYP) ricercherà un danno metabolico.
Due diverse tipologie di lavoro cui corrispondono due diverse tipologie di risposta in acuto. Se infatti nelle sedute HYP avremo un picco di ormoni anabolici [17] [18] [19] [20] [21] [22] [23], nelle sedute STR avremo un maggior danno muscolare (rilevato tramite markers quali mioglobina e lattato de-idrogenasi) [24] [25]. Tuttavia nè il picco degli ormoni circolanti [26] nè il danno muscolare [27] [28] possono essere identificati come predittori della risposta di adattamento ipertrofico del muscolo.
L’allenamento più efficace per l’ipertrofia
Ora, non lasciamoci ingannare, il fatto che si parli di allenamento per l’“ipertrofia” ed allenamento per la “forza” non vuol dire che si vanno a colpire solo queste componenti adattive, si tratta solo di un’accezione tradizionale comoda da utilizzare.
In letteratura non vi è una risposta precisa a quale sia l’approccio migliore. Ultimamente sono stati condotti degli studi per comparare le due tipologie di allenamento [6] [9] [10] nei quali, in effetti, un allenamento orientato alla forza (STR) produceva guadagni pari (e alcune volte superiori) ad un allenamento orientato all’ipertrofia (HYP). Queste evidenze però non sono scevre di limitazioni:
- Anzitutto si dovrebbe considerare anche il backgrpound dei soggetti analizzati che si pone come un ulteriore variabile in grado di influenzare la risposta soggettiva allo studio. Così, in soggetti che si sono sempre allenati in stile HYP, un protocollo STR risulterà grosso modo efficace grazie alla variazione dello stimolo che comporta.
- Altra problematica è il fattore tempo in quanto la curva di adattamento può variare tra un allenamento STR ed uno HYP andando a falsare i risultati degli studi.
- La risposta soggettiva ai diversi protocolli è estremamente variabile e determinata in primis da un punto di vista genetico [11] [12].
- La più grande limitazione risulta però essere che i protocolli utilizzati negli studi erano inverosimili in termini pratici. Andando ad equiparare le variabili (il volume in primis) si ottenevano infatti protocolli HYP estremamente brevi e leggeri o protocolli STR tendenzialmente pesanti e lunghi. (Schoenfeld riporta in un’intervista [5] che alla fine dello studio [9] il gruppo STR era esausto del protocollo mentre quello HYP richiedeva ulteriore volume di lavoro. In effetti i due protocolli prevedevano sedute rispettivamente di 70’ e 17’).
Ipertrofie diverse
La risposta ipertrofica non è univoca, ma varia. Queso è logico in quanto le componenti del muscolo sono diverse, l’adattamento porta ad una progressione della componente sollecitata (i.e. maggiormente stressata). Possiamo pertanto distinguerne diverse tipologie:
- Ipertrofia Miofibrillare: Tipica dei sollevatori di peso, avviene in risposta ad alti carichi di lavoro (+70%RM). Nello specifico si tratta dell’ipertrofia della componente contrattile (actina e miosina) del muscolo scheletrico.
- Ipertrofia Sarcoplasmatica: In questo caso l’aumento è a carico del sarcoplasma e delle molecole in esso presenti (acqua in primis, glicogeno, trigliceridi, proteine non contrattili ecc..). Avviene in parallelo all’ipertrofia delle miofibrille e dei mitocondri. Si ricontra per lo più nei Bodybuilder.
- Ipertrofia Mitocondriale: Risposta a lavori di endurance muscolare (60%RM) ed aerobici.
- Ipertrofia Capillare: Si ha con intensità medio/basse o intermedie. É tendenzialmente più lento rispetto all’ipertrofia muscolare il che può portare, in rari casi, alla compressione dei vasi per via di un’eccessivo sviluppo del muscolo (sindrome dello stretto toracico superiore nell’atleta) [7] [8].
I diversi tipi di lavoro portano inoltre ad una diversa risposta ipertrofica tra le tipologie di fibre muscolari. Le analisi su sollevatori di pesi indicano che i soggetti che si allenano con un programma tipico di forza presentano un’ipertrofia preferenziale delle fibre muscolari di tipo II mentre coloro che utilizzano programmi in stile ipetrofia presentano adattamenti ipertrofici prevalentemente delle fibre di tipo I [16].
Perché inserire un allenamento per la forza
Sulla base i tali evidenze non si può quindi dare una risposta assoluta. Categorie come “allenamento per la forza” e “allenamento per l’ipertrofia” sono generalizzazioni utili fino ad un certo punto ma che risultano spesso e volentieri fuorvianti. Quello che sappiamo è che andando a comparare le variabili possiamo avere effetti analoghi in termini di ipertrofia muscolare (si parla di ipertrofia in generale, gli studi non sono andati poi a valutare a carico di quale componente del muscolo ciò è avvenuto), tuttavia, essendo il volume d’allenamento il principale responsabile degli adattamenti ipertrofici, vi è un chiaro vantaggio nell’allenarsi con sedute HYP in quanto più dense e tendenzialmente voluminose.
Però, però.. c’è un però. L’allenamento per la Forza permette in verità, oltre ad un aumento del carico massimale, anche un miglior feeling con lo schema motorio (schema che andremo poi ad utilizzare in lavori di Bodybuilding) da un punto di vista di corretto assetto, sicurezza di esecuzione, attivazione dei gruppi muscolari target, sufficiente reclutamento di unità motorie ecc.. Come detto prima parlare di allenamento della forza e allenamento per l’ipertrofia può essere fuorviante. Facendo un passo indietro stiamo sempre di fronte allo stesso grande ambito del sollevamento pesi, dell’allenamento di potenziamento muscolare (tradizionalmente distinto dall’allenamento tecnico). In una visione più globale dunque parlare del 70-85% o del +90%RM è troppo specifico. In sostanza l’allenamento della forza è un qualcosa di funzionale all’allenamento per fini ipertrofici (non solo all’ipertrofia di per sè) così come l’allenamento per ottenere un’ipertrofia muscolare è funzionale ad un aumento di forza. Non a caso nei vari sport si è arrivati pian piano all’identificazione di una programmazione in varie fasi (forza, massa, potenza) all’interno dell’anno (i.e. macrociclo). Questa pratica nasce proprio dal fatto che ogni componente adattiva è funzionale, in modi logicamente diversi, all’altra. Insomma, vi è un transfer tra l’una e l’altra.
Facciamo una metafora.
Voglio aumentare il mio massimale di Squat ma sono in stallo, possibili strategie.
Posso fare Squat a gogo finchè non stiro a terra (Coleman o fomentini simili sarebbero fieri di questo “no pain no gain”) oppure fare un passo indietro, analizzare cosa nello schema motorio mi limita (i.e. quale muscolo non ce la fa) e cercare di lavorare su quello. Per esempio cercherò di aumentare la forza degli estensori del ginocchio (leg extention a gogo) oppure dei glutei (guarda mamma, mi alleno come una bikini!). Il tranfer sullo Squat sarà parziale, ma sicuramente c’è e la strategia è, in determinati casi, necessaria.
Spero abbiate capito la metafora, lo Squat è l’allenamento HYP e gli altri esercizi sono le altre componenti adattive, tra cui la forza. Così se arrivo ad uno stallo per cui non miglioro, uno dei possibili interventi è ricercare il sovraccarico progressivo (pensare che tempo fa era l’unica cosa che veniva in mente di fare). Questo può esser fatto proprio con lavori specifici con la forza. Ora però non ricadiamo nell’estremo opposto. Come dimostrato dalla letteratura sopra citata questi lavori non sono solo strumentali all’allenamento per l’HYP, ma comportano essi stessi degli adattamenti ipertrofici.
Scheda allenamento forza nel bodybuilding
Veniamo al punto cruciale: come gestire un allenamento della forza all’interno di una programmazione di Bodybuilding?
Dunque, la domanda è molto complessa, ogni strategia andrà impostata sulla base della condizione del soggetto, così, logicamente, nel momento in cui vediamo una carenza spropositata di forza per un gruppo muscolare, sarà logico intervenire in tal senso. Andiamo per gradi.
Lo stato d’arte della letteratura in materia evidenzia come, a fini di ipertrofia muscolare e di guadagni di forza, impostare un programma periodizzato sia la soluzione migliore. Dedicheremo un futuro articolo sui vari modelli di periodizzazione, per ora ci basta sapere che, mentre per l’allenamento in palestra funzionale ai diversi sport (combattimento, di squadra ecc..) il modello lineare o lineare inverso risulta più utilizzato nonchè più “comodo”, la periodizzazione ondulata risulta da un lato la più efficace, dall’altro la più comoda in ambito Bodybuilding (e non solo) [13] [14] [15]. Questo è ancora più vero per quella giornaliera, non a caso, ultimamente, è alla base della gran parte dei modelli di allenamento proposti (PHAT, Moutain Dog Training ecc..) e tendenzialmente risulta la più praticata. Nulla di nuovo in realtà dal momento che Arnold era il primo a lavorare in questo senso (“Shock the muscle!”).
A questo punto va fatta una precisazione. Non si può generalizzare, non c’è un modo di utilizzare un approccio o un modo univoco di allenare una determinata componente. Ci sono un’infinità di casi, di soluzioni, mi rendo conto che è un qualcosa che viene detto e stradetto ma è vero. Dunque quello che si può fare è riportare diversi modelli basati su diversi contesti in modo da dare non una guida ma un concetto, un qualcosa di infinitamente più prezioso (e spendibile).
. Strategia 1 – Approccio “base”
Un primo approccio che possiamo utilizzare è quello di impostare un allenamento in multifrequenza adottando una periodizzazione ondulata giornaliera. Avremo così due sedute settimanali per ogni distretto muscolare (vlendo anche di più ma per ora fermiamoci qui). Nella prima seduta potremo allenare il muscolo secondo uno schema tradizionale per il Bodybuilding, quindi TUT più lunghi, tecniche d’intensità, range di 8-12 ripetizioni, eccentriche, forzate ecc.. Nella seconda seduta invece potremo allenarci adottando una progressione di forza, così per esempio nel petto ci alleneremo sulla panca piana utilizzando eventualmente un altro complementare (croci, chest fly ecc..). Una simile impostazione è alla base, peraltro, della metodologia PHAT (Power Hypertrofy Adaptive Training) proposta da Norton. A differenza di questa, tuttavia, ritengo più sensato utilizzare, nell’allenamento dedicato alla forza, delle vere e proprie progressioni sui gesti senza limitarsi ad un 5×5 caricando “abbestia”.
Scheda allenamento forza e ipertrofia:
. Strategia 2 – Approccio Muscoli Carenti
Simile al precedente, l’unica differenza è che un allenamento in questo senso lo andremo a fare sui muscoli carenti mentre i muscoli più sviluppati saranno allenati in monofrequenza. L’aumento del Volume settimanale e la variazione di stimolo porteranno un vantaggio in termini di crescita (di forza e di ipertrofia) che permetterà di “recuperare terreno” rispetto al resto della muscolatura. Questo approccio può essere utilizzato sui muscoli carenti sia da un punto di vista di ipertrofia, sia da un punto di vista della forza (i.e. muscoli più deboli). Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante in quanto può essere una valida strategia per intervenire laddove un muscolo si ponga come limitante all’interno della sinergia di un gesto (l’esempio sopra fatto del gluteo che non permette di performare al meglio nello Squat).
Il discorso può esser fatto anche dal punto di vista opposto, ovverosia tenere una multifrequenza e mettere in monofrequenza il gruppo muscolare più forte/sviluppato in modo da recuperare asimmetrie (estetiche o funzionali).
. Strategia 3 – Fase transitoria volume ridotto
Un altro modo di inserire un allenamento di forza all’interno di una programmazione di Bodybuilding è quella di prevedere un periodo ad intensità di carico elevata e a Volume ridotto. In questo caso parliamo sempre di periodizzazione ondulata, tuttavia le variazioni non verrano fatte su base giornaliera bensì settimanale, così, per esempio, inseriremo 2-3 fino a 6 settimane di lavoro sulla forza con un Volume ridotto, allenamenti meno densi ma con intensità di carico elevate per poi tornare, progressivamente o meno, a sedute di Bodybuilding tradizionale o anche, perchè no, ad un protocollo di periodizzazione ondulata su base giornaliera come descritto sopra. In sostanza si tratta di impostare una fase transitoria volta a due scopi:
- Variare lo stimolo
- (Ri)trovare il feeling con lo schema motorio
Periodi come questo sono assolutamente fondamentali all’interno di una programmazione in quanto portano a “riscoprire le basi” e dunque a porre qualcosa di solido su cui muoversi successivamente.
. Strategia 4 – Periodizzazione all’interno della seduta
Anche questo è un approccio interessante. Si tratta di inserire, all’interno della seduta, un gesto sul quale impostare una programmazione di forza. In tal senso potremmo quindi inserire la panca piana all’interno di una seduta di petto come primo o secondo esercizio. Sceglieremo una programmazione volta a migliorare sulla forza (posto che già siamo in grado di esercitare la giusta padronanza sul gesto) ed imposteremo il resto della seduta come una seduta di Bodybuilding tradizionale. Ovviamente il volume totale andrà a ridursi in quanto, parte della seduta, viene occupata da un lavoro poco denso, poco voluminoso e molto intenso. Trovo che un’impostazione così fatta si sposi bene con la periodizzazione ondulata giornaliera (strategia 1). In sostanza allenando un muscolo in multifrequenza andremo ad impostare la seduta “forza” utilizzando un gesto con la sua progressione e il resto della seduta in stile Bodybuilding tradizionale. La diversificazione di lavoro rispetto alla seconda seduta settimanale starà nel TUT (per esempio) che, in quest’ultima sarà esasperato (per es. +50’) mentre nella seduta di “forza” non sarà comunque troppo elevato (per es. 30’).
. Split e scelta degli esercizi
Un ulteriore aspetto sul quale ci si deve soffermare è quello relativo alla scleta, all’interno della seduta, dei gruppi muscolari bersaglio e degli esercizi da utilizzare.
Una delle caratteristiche dei programmi di Bodybuilding è che, nella maggiorparte dei casi, si suddividono i vari gruppi muscolari in modo da lavorarne solo alcuni ogni seduta. Questo è logico in quanto il lavoro che viene richiesto è sempre dello stesso tipo (anaerobico). Ok, come abbiamo visto s può lavorare su componenti adattive diverse ma comunque si rientra sempre nella grande famiglia del lavoro di “potenziamento”, lo stesso che, in altri sport, viene alternato al lavoro “tecnico”. La domanda che sorge quindi spontanea è la seguente: Dobbiamo impostare prima la split e poi, sulla base di questa, scegliere il tipo di esercizi nei quali lavorare la forza o viceversa? Da powerlifter vi risponderei “la seconda”, da Bodybuilder vi risponderei “la prima”, ma non definendomi nè come l’uno nè come l’altro vi rispondo “dipende”, So che si tratta della risposta più odiata, scontata e gettonata di sempre, ma dipende davvero. Visto che questo articolo tratta però di un allenamento della Forza all’interno di una programmazione di Bodybuilding direi di partire da questo contesto e, in particolare, dai casi sopra menzionati.
Laddove volessimo impostare una periodizzazione ondulata, per tutti i gruppi o solo per alcuni (strategie 1-2-4), allora si, dovremo partire dalla split. In base a questa sceglieremo l’esercizio migliore sul quale progredire per la Forza. Così per esempio in un push-day sceglieremo la Panca Piana per il petto, per un pull-day un Bent Over Row, per un led-day uno Squat. Facciamo un esemio:
Soggetto 1, Bodybuilder, buona gestione di alti carichi sui vari schemi motori.
Gruppi carenti: Braccia, Dorso
Gruppi avanti: Petto, Quadricipiti
Split:
Sarà quindi Logico inserire una progressione sul Bent-Over Row nel giorno 2 e lavorare il Dorso co una seduta di Bodybuilding tradizionale il giorno 6. Da valutare un progressione sullo stacco da terra che sarebbe vicina ad un allenamento delle gambe (anche mettendola nel giorno 6 avremo i femorali il giorno 7).
Ma allenare la forza, come abbiamo visto, non è solo un discorso di periodizzare e variare lo stimolo bensì anche una questione di funzionalità agli schemi motori da performare nelle sedute di Bodybuilding. Facciamo quindi un altro esempio.
Soggetto 2: Bodybuilder, scarsa attivazione del petto sulla Panca Piana, scarso feeling sullo Stacco da Terra. Ottima gestione dello Squat.
Gruppi carenti: Petto-Dorso-Braccia
Gruppi avanti: Gambe
L’obbiettivo in questo caso sarà quello di migliorare il feeling con i gesti deboli, imposteremo pertanto la split sulla base degli stessi.
Split:
Infine, nel caso in cui andassimo ad impostare un programma di Forza come fase transitoria (strategia 3) sarà logico partire dai gesti e, sulla base di questi, ragionare sulla split. In questo contesto, come abbiamo visto, ci preme si dare uno stimoo diverso, ma allo stesso tempo performare un lavoro funzionale alle sedute di Bodybuilding Tradizionale.
Come impostare le progressioni
Se andassimo ada analizzare anche questo aspetto non la finiremmo più. Nella scelta delle progressioni da utilizzare ci si apre un mondo che è quello dei lavori di Forza, possiamo intervenire sul carico, sulle ripetizioni, buffer o cedimento, variazioni del TUT, del SOM (Speed of Movement) utilizzo di elastici o attrezzi funzionali ecc.. Regole generali non ce ne sono, dipende tutto da come è impostata la seduta. Più ci si concentrerà sui lavori di Forza (dandogli spazio a livello di tempo e di volume) più possibilità avremo. Viceversa potremmo ritrovarci davvero a dover impostare un banale 5×5. Ora, io consiglio, in generale, di approcciarsi a questi lavori in maniera più precisa possibile. Vero, il lavoro del Bodybuilder è diverso di quello del Powerlifter, i gesti stessi son diversi (c’è la panca “BB” e la panca “PL”). Ho detto poco sopra che instaurare il giusto feeling con lo schema motorio si ripercuote in positivo sulle sedute di Bodybuilding tradizionale. Questo, vero, avviene nel momento in cui andremo a performare lo stesso schema motorio (i.e. se ho un massimale di 140kg su panca piana fatta COME SI DEVE, quando compio sullo stesso esercizio lavori che ricercano stress metabolico lo otterrò con una maggiore efficacia) ma anche a livello sistemico. Così un’atleta in grado di gestire lavori di forza avrà una miglior capacità di instaurare un buon feeling con gli altri esercizi (d’altronde quando si sanno parlare diverse lingue impararne di nuove è più facile no? Stessa storia qui).
Quindi, lungi da me approfondire il tema delle possibili progressioni da utilizzare (faccio un generico rimando alle fonti più autorevoli in materia), vi do un unico consiglio. Finchè non ottenete una soddisfacente gestione di questo tipo di lavoro con i diversi gesti, approcciatevi ad ogni singolo lavoro di forza con la precisione e la mentalità del settore.
Mix it up!
[1] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26890971
[2] Essentials of Strength Training and Conditioning – Thomas R. Baechle,Roger W. Earle
[3] Tesch PA, Colliander EB, Kaiser P. Muscle metabolism during intense, heavy-resistance exercise. Eur J Appl Physiol Occup Physiol. 1986;55(4):362–6.
[4] Suga T, Okita K, Morita N, et al. Intramuscular metabolism during low-intensity resistance exercise with blood flow restriction. J Appl Physiol. 2009;106(4):1119–24.
[5] https://www.youtube.com/watch?v=aY-nEcCLBdE
[6] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25047853
[7] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9950941
[8] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8941522
[9]https://www.researchgate.net/publication/261516420_Effects_of_Different_Volume-Equated_Resistance_Training_Loading_Strategies_on_Muscular_Adaptations_in_Well-Trained_Men
[10] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26272733
[11] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4562558/
[12] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3069632/
[13] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11991778
[14] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19910831
[15] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22516910
[16] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26890971
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NOTE SULL’AUTORE
L’articolo: Cosa mangiare dopo la palestra è di Ludovico Lemme
Personal Trainer certificato ISSA e studente SaNIS (scuola di nutrizione e integrazione sportiva). Segue diversi atleti, sia dal vivo che online nel campo del Bodybuilding e del fitness in generale. Nel 2015 avvia il progetto Rhinocoaching con il quale si propone di creare una piattaforma di riferimento per i suoi atleti e per gli appassionati in generale.
Contatti: rhinocoachingofficial@gmail.com
Pagina FB: https://www.facebook.com/ludovicolemmemygrowth/
Sito Web: www.rhinocoaching.it
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