In un precedente articolo sul Kaatsu training avevamo scritto delle imprecisioni. Pertanto, grazie alle vostre segnalazioni, approfondiamo l’argomento inserendo le corrette informazioni.
Il metodo KAATSU viene sviluppato in Giappone a partire dal 1967 grazie alle ricerche dello studente Yoshiaki Sato, studente di medicina alla Tokio University. Nel 1973 il dottor Sato completa lo sviluppo del metodo KAATSU, registrandone il marchio. Il metodo comincia ad essere adottato da strutture mediche e università e nel 1994 viene brevettata la prima fascia occludente, mentre dal 1997 è possibile conseguire la certificazione di istruttore KAATSU.
L’ottenimento della certificazione originale per specialisti KAATSU prevede un intenso percorso di studi sulla tecnica del metodo, sulla sua fisiologia applicata, sulle varianti pratiche e sull’utilizzo dei prodotti KAATSU. Per ottenere l’idoneità è necessario, una volta terminato il percorso formativo, superare un esame scritto di 100 domande con almeno il 90% delle risposte esatte.
Attualmente gli strumenti con cui gli istruttori possono lavorare sono:
1) KAATSU Bands (Air o Aqua)
2) KAATSU Master
3) KAATSU Nano
L’obiettivo di questi dispositivi è favorire l’allenamento per ciascun individuo, tenendo conto dello stato di salute, della pressione, dell’età e dell’esperienza di ogni soggetto.
Il KAATSU training viene spesso confuso col Blood Flow Restriction (BFR), ma questi due metodi hanno in comune solo la parziale occlusione del flusso ematico durante l’ allenamento. Possiamo definire il KAATSU come il completo perfezionamento del BFR.
KAATSU in giapponese significa aumento di pressione. Ciò è dato dall’occlusione a livello prossimale dell’arto che si vuole allenare. Per logici motivi appare dunque evidente che i gruppi muscolari che potranno essere sottoposti a questo tipo di allenamento sono ridotti. Infatti, si può applicare questo metodo solo agli arti.
Nell’allenamento KAATSU si applicano due fasce occludenti, chiamate “KAATSU bands”, che vanno ad interrompere il flusso venoso con una pressione specifica per ogni soggetto. Una volta raggiunta la pressione ottimale si possono eseguire determinati esercizi come ripetizioni con un carico al 20% di una ripetizione massimale o semplici camminate.
Il primo meccanismo a cui assistiamo è quello del reclutamento muscolare. In condizioni normali, utilizzando carichi molto bassi, le fibre utilizzate saranno quelle di tipo I. Ma in questa specifica condizione di carenza di ossigeno, le fibre rosse si esauriscono facilmente e il sistema neuromuscolare sarà costretto a reclutare le fibre di tipo II. È proprio in questa situazione che subentra il secondo meccanismo fisiologico, vale a dire un accumulo esponenziale di acido lattico all’interno del muscolo. L’acido lattico si lega ad alcuni recettori specifici che, comunicando con l’ipotalamo, stimolano il rilascio di GHRH che a sua volta permette la stimolazione di GH. Il terzo meccanismo consiste nella riduzione della concentrazione di cortisolo. Infatti, a causa della minore intensità a livello muscolare e articolare, l’organismo sarà sottoposto a un livello di stress molto inferiore rispetto ad un allenamento con sovraccarichi alti. L’ultimo meccanismo fisiologico dovuto alla mancanza di ossigeno è un forte stimolo del processo di angiogenesi. Si avrà quindi un netto miglioramento della vascolarizzazione per aumento dei vasi sanguigni.
Per quanto riguarda l’allenamento KAATSU, è fondamentale ribadire che la sua applicazione può essere attuata solo da persone in possesso di idonea e certificata formazione. Infatti, in allenamenti dove alla base non ci sia una chiara e precisa pianificazione, i rischi per il paziente sono molto alti. Grazie alla strumentazione KAATSU l’istruttore potrà allenare in maniera appropriata e sicura, seguendo una determinata procedura che avrà come obiettivo quello dell’ottimizzazione del risultato in base alle caratteristiche e alle esigenze del soggetto.
A differenza del KAATSU training, il BFR può essere eseguito da chiunque anche utilizzando semplici lacci o knee-wraps. Ovviamente i rischi di questo allenamento sono molteplici, in quanto non si conosce con esattezza la pressione con cui si sta lavorando. In poche parole si utilizza come scala di misurazione “troppo stretto” o “no, stringi ancora un po’!”.
Nonostante ciò, in soggetti che non presentano particolari problemi cardiaci, il metodo sfrutta le stesse caratteristiche del KAATSU e dunque garantisce ottimi vantaggi soprattutto in una fase di scarico o in soggetti anziani o con problemi di peso.
La cosa fondamentale da tenere a mente è che entrambi i metodi limitano il flusso venoso e non quello arterioso quindi ci sarà sempre e solo un rallentamento e mai un’ ostruzione totale del flusso.
Per chi volesse approcciare il BFR consiglio di cominciare a stringere molto poco concentrarvi sulle sensazioni che ciò genera. Man mano che prenderete confidenza con questo tipo di allenamento, vedrete che l’ occlusione ottimale riuscirete a trovarla senza problemi.
In conclusione esprimo la mia personale opinione sul KAATSU training.
A mio avviso il metodo funziona e si candida ad essere una vera e propria rivoluzione nel campo dell’allenamento, soprattutto per la capacità di coinvolgere molteplici tipologie di soggetti: dall’ atleta elite, al vecchietto con problemi di movimento; dal diabetico, al soggetto in fase di riabilitazione.
Enrico Prati, Dr. in scienze motorie e sportive, fitness coach Con la preziosa collaborazione del coach Daniele Baioletti
Mail:
enrico.prati@live.it e
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