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Gestire le energie negli sport da combattimento

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Per un atleta che pratica sport da combattimento (SDC), una componente fondamentale per il raggiungimento di un obiettivo agonistico, è quello del saper gestire le proprie forze ed energie ed essere quindi efficiente, ancor prima che efficace, lungo tutta la durata dell’incontro. Questo aspetto ha una finalità di estrema importanza; il poter arrivare al termine del match il più lucido possibile ed ancora in grado di esprimere gesti atletici (pugni, calci, proiezioni, finalizzazioni, etc..) di qualità.

Il “saper gestire le proprie forze” è ovviamente un concetto molto vago e generico che va capito, approfondito e quindi migliorato lì dove possibile. La finalità di questo articolo è proprio la disamina di questo aspetto ed il suggerimento di alcune metodologie allenanti per migliorarlo se e quando dovesse essere carente.

energie sport da combattimento

Partiamo da un principio; ogni prestazione atletica è il frutto di una combinazione tra “Capacità coordinative” e “Capacità condizionali”.

Le prime rappresentano il livello di Qualità del gesto atletico, le seconde ci forniscono il livello di Quantità.

Le capacità coordinative sono:
  • Capacità di accoppiamento dei movimenti: è la capacità che permette ai muscoli di contrarsi al momento giusto quando la loro leva è più vantaggiosa.
  • Capacità di differenziazione: è la capacità di dosare la forza muscolare soprattutto negli sport dove la attivazione non massimale è fondamentale (pensiamo ad esempio alle specialità Light Contact).
  • Capacità di equilibrio : è la capacità di far cadere il centro di massa sul poligono di appoggio.
  • Capacità di orientamento: permette di valutare la distanza, la velocità, la durata e la traiettoria di un determinato gesto (ad esempio: colpire un soggetto in movimento)
  • Capacità di ritmo: alternare contrazioni e decontrazioni fondamentali per gestire il movimento umano (fondamentale ad esempio negli sport ciclici: ciclismo,nuoto, canottaggio, etc…).
  • Capacità di reazione: è la capacità di rispondere agli stimoli con l’azione motoria più rapida e meglio adeguata alle circostanze (ad esempio schivare, colpire e rientrare per uno Striker)
  • Capacità di trasformazione:è la capacità di combinare i movimenti in una soluzione continua.
Le capacità condizionali relative alla forza sono:
  • Forza massimale:  è la forza più elevata che il sistema neuromuscolare è in grado di esprimere con una contrazione muscolare volontaria (takedown, strangolamenti, immobilizzazioni nella lotta ne sono una tipica manifestazione)
  • Forza esplosiva: è la capacità di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile, per imprimere al carico da spostare la maggiore velocità (componente fondamentale nella esecuzione di pugni, calci, gomitate).
  • Forza resistente: è la capacità dell’organismo di resistere ad un certo di lavoro protratto nell’arco di tempo.
    Forza veloce: è la capacità di superare resistenze moderate con un’elevata velocità di contrazione.
  • Capacità metaboliche generali: capacità aerobica, VO2max, capacità di resistenza al lattato, etc…

Le capacità coordinative rappresentano in sintesi la “tecnica esecutiva” e quindi la “efficienza del gesto atletico”.
Le capacità condizionali, rappresentano invece la “la propulsione applicata alla tecnica” quindi la cilindrata del motore “l’efficacia del gesto atletico”.

Per le finalità di questo articolo ci concentreremo su una capacità generale che l’atleta deve possedere, quella del “saper gestire in modo efficiente le proprie energie lungo tutta la durata della competizione”; è questo l’aspetto che cercheremo di migliorare attraverso le metodologie proposte.

Appare evidente che qualsiasi strategia di gara, o qualsiasi metodologia di preparazione atletica risulteranno essere state inutili se l’atleta non è poi in grado di avere il “fiato” per portare a termine la propria sfida agonistica. Ve lo immaginate un pugile che esaurisce completamente le sue energie al quarto di dieci round?O anche un maratoneta che “scoppia” al quindicesimo chilometro?
Da cosa deriva quindi la capacità di avere le giuste scorte energetiche e la sufficiente resistenza per portare a termine egregiamente la propria competizione?

Le componenti di tutto questo sono ovviamente tantissime ma cerchiamo di riassumerle nei seguenti tre punti:

  • Una buona strategia/politica di gara: ad esempio, negli SDC, definire come si vuole approcciare l’incontro tenendo conto della tipologia di avversario che si affronterà: si farà un match di attacco o di difesa? Si vuol cercare subito di mettere KO l’ avversario o lo si vuole portare allo sfinimento?
  • Una buona preparazione atletica di base: migliorare quindi i sistemi energetici e le capacità condizionali necessarie. Questa componente è legata quindi al miglioramento atletico programmato nelle fasi preparatorie aspecifiche e semispecifiche.
  • Buona capacità di gestire le proprie energie: essere quindi efficienti ancor più che efficaci.

Troppo spesso, si vedono Fighters (questo accade soprattutto nel dilettantismo e tra gli amatori) a volte anche ben condizionati e preparati fisicamente, non riuscire stranamente a portare a termine il proprio combattimento (e quindi perderlo) per un esaurimento totale di fiato a metà match. Si dice in gergo tecnico che l’ atleta è “scoppiato”. Magari sono combattenti, questi, che hanno anche dedicato tempo ed energie ad eseguire buoni programmi di footing, scatti, HIIT e che molto probabilmente hanno davvero una ottima base atletica.

Fiato sport da combattimento

A cosa può essere allora dovuto questo grave inconveniente?

Il motivo potrebbe risiedere, a volte, anche in una cattiva, se non pessima, propriocezione delle proprie riserve energetiche ed in una sopravvalutazione del proprio potenziale. Mi spiego meglio.
Immaginiamo un pugile che, al suonare del gong, si scaglia contro il suo avversario sferrando una tempesta pugni alla rinfusa.  Molto probabilmente un atleta così disorganizzato, per quanto possa essere atleticamente allenato, è destinato a non arrivare nemmeno alla fine del primo round.

anaerobico-alattacido-sport-combattimentoI livelli di lattato con cui un pugile finisce l’incontro si aggirano intorno ai 10mmol/l.  Avere una sovrapproduzione di lattato superiore alle 12mmol/l fin dal primo round significa non portarsi a casa l’incontro.

Supponendo pertanto che la competizione in questione sia stata ben pianificata in termini di strategia ed ipotizzando che l’ atleta abbia affrontato un periodo di condizionamento efficace, non resta che insegnare allo stesso a migliorare la capacità di gestione delle proprie riserve energetiche correttamente. Questo aspetto, pertanto, concerne più la sfera psicofisica di approccio alla gara ed allo sforzo,  che il solo aspetto condizionale e coordinativo.

Fondamentalmente dovremo insegnare all’atleta ad avere una buona propriocezione della sua potenziale endurance e dovremo fargli capire come  gestire intelligentemente ed in modo efficiente la stessa per tutta la durata della sua gara.

Molto spesso ciò che manca negli atleti inesperti o alle prime armi è soprattutto questa componente che viene troppe volte gravemente sottovalutata o non considerata proprio in fase preparatoria. Ed a volte, paradossalmente, l’ aver fatto una buona preparazione atletica di base, conferisce all’atleta inesperto una sensazione di “onnipotenza” che lo pone nelle condizioni di iniziare la competizione esagerando il proprio ritmo/forza/velocità ed esaurendosi, quindi, prima del tempo.

Vale la pena di ricordare che non esiste preparazione atletica che possa fornire riserve infinite di “fiato”!

Come si può allora migliorare tutto questo e dare all’ atleta una migliore percezione di sé?

Suggerisco, fra le tante possibili, due metodologie di allenamento, che oltre ad avere degli effetti migliorativi a livello metabolico e condizionale (se ovviamente ben tarate e strutturate sia nel “come” che nel “quando”), hanno anche transfer positivo proprio sul grado di propriocezione atletica del soggetto da allenare.

Le due metodologie di allenamento (di diretta derivazione dal mondo del Crossfit) sono l’ AMRAP ed il FOR TIME.

In cosa consistono e perché utilizzarle?

AMRAP

La metodologia AMRAP (acronimo che sta per As Many Round As Possible) consiste nel avere un tempo limite a disposizione nel quale cercare di eseguire più ripetizioni/cicli possibile di un certo movimento/esercizio.  Il vincolo tecnico è pertanto il Tempo limite assegnato!

La metodologia AMRAP può essere applicata e settata (vale anche per il For Time) su esercizi di forza resistente, forza veloce, power endurance o esercizi aerobici classici (sulla breve, media o lunga durata)

Facciamo due esempi di allenamento strutturato in metodologia AMRAP.

Esempio 1

Chiedo all’ atleta di eseguire in 5 minuti il numero massimo di Push Up possibili.

In questo specifico caso stiamo allenando la forza resistente locale di breve durata, utile per esempio proprio ad uno striker. Per quanto l’ atleta possa essere fisicamente preparato, se non ha percezione della sua soglia limite di fatica, si lancerà con foga assoluta nel cercare di fare nel tempo prefissato (in questo caso 5 minuti) il numero massimo per lui possibile di piegamenti sulle braccia.

Partendo come un razzo, molto probabilmente esaurirà le sue scorte di energia già nel primo minuto, non riuscendo poi, nei restanti 4 minuti, a sviluppare un volume sufficiente di lavoro.

Programmando questo esercizio all’ interno di un mesociclo di allenamento, si noterà come l’ atleta, di volta in volta, riuscirà ad aumentare il volume di lavoro all’interno del tempo stabilito; questo avverrà non tanto per un miglioramento delle capacità condizionali, quanto per l’ aumento di efficienza ed organizzazione del gesto e aumento della propriocezione dei propri limiti (incontrando ogni volta un muro di fatica, l’ atleta impara a riconoscerlo ed a prevenirlo). In questa maniera, quindi, imparerà ad ottimizzare il dosaggio delle proprie energie nel tempo.

L’ atleta così allenato capirà come  settarsi su tante e brevi ripetizioni distribuite nel tempo  e acquisirà coscienza di quali sono per lui i tempi di recupero necessari tra un set e l’ altro.

Giusto per avere dei numeri di riferimento e magari potersi divertire a casa: in 5 minuti di tempo, un numero sufficiente di push up da eseguire è 100!

Esempio 2

Chiedo all’ atleta di percorrere correndo in 12 minuti (si può lavorare ovviamente anche su altre tempistiche in base alle necessità!), la distanza più ampia possibile. Con la corsa su media e lunga distanza andiamo a stimolare certamente il sistema aerobico.

Anche in questo caso, la ripetizione ciclicizzata di questo allenamento porterà il Fighter ad una migliore percezione della propria soglia di fatica ed a percorrere quindi nel tempo stabilito sempre una maggiore distanza.

In 12 minuti, un atleta mediamente allenato dovrebbe riuscire a percorrere almeno 2,5km! Superare i 3km vuol dire avere un metabolismo aerobico ormai ottimale. Migliorarlo non porterà ulteriori vantaggi sul ring.

Test su campioni regionali, nazionali o olimpici nel Judo, mostrano che la loro Vo2max, non differisce significativamente, il che vuol dire che la capacità aerobica non è un fattore predominante negli sport da combattimento. Raggiunto un grado di sufficienza ulteriori miglioramenti non portano a maggiori risultati.

capacita-aerobica-sport-combattimento

FOR TIME

La metodologia FOR TIME, è diametralmente opposta a livello concettuale, ma per la finalità del presente articolo ha la stessa funzione allenante.

Nel FOR TIME, io propongo all’atleta un certo volume di lavoro (ad esempio 120 Air Squat) che lui dovrà cercare di eseguire nel minor tempo possibile. In questo caso il vincolo tecnico è il Volume di lavoro assegnato!

Le valutazioni fatte per il principio dell’ AMRAP valgono anche per il FOR TIME.

In questo caso, un atleta poco attento alla gestione delle proprie forze, tenderà ad eseguire il lavoro previsto in un tempo troppo elevato facendo tanto/troppo all’ inizio e non riuscendo poi ad essere costante ed efficiente nel prosieguo della prestazione.

Per avere un riferimento di massima: 120 Air Squat dovrebbero essere eseguiti in circa 3 minuti!

Gestire le energie negli sport da combattimento: conclusioni

Sia AMRAP che FOR TIME, possono essere chiaramente inseriti in maniera oculata in termini di volume, intensità, densità e frequenza nei mesocicli di preparazione aspecifica Off- Season (o General Physical Preparation).

Per riassumere, con l’ allenamento in AMRAP e/o FOR TIME l’ atleta acquisirà pertanto:

  1. Percezione di cosa sia un limite di fatica per lui insormontabile.
  2. Prevenzione, attraverso la gestione delle proprie energie, del punto 1.
  3. Perché no, miglioramento condizionale se le variabili allenanti sono ben tarate anche per questa finalità.

E’ da tener presente che, essendo metodologie che puntano alla velocità di esecuzione (la fretta diventa una componente inevitabile in questi casi), è opportuno proporre all’atleta gesti atletici che conosce bene e che sa eseguire correttamente, onde evitare infortuni o esecuzioni completamente sbagliate.

Personalmente eviterei, inoltre, allenamenti AMRAP e/o FOR TIME nelle fasi preparatorie semispecifiche o specifiche nelle quali il soggetto deve dedicarsi sempre di più al miglioramento dei gesti atletici specifici propri della sua disciplina (negli SDC parliamo quindi di sparring, drills, etc…).

Articolo di Mattia Gargano.

NOTE SULL’AUTORE

Mattia Gargano – Resp.Tecnico Puglia Kombat League per il Settore Preparazione Atletica.

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