Il nutrient timing è una strategia alimentare che prende in considerazione il tempo di assunzione di determinati alimenti soprattutto in prossimità dell’allenamento. Secondo alcune teorie questa strategia, se opportunamente sfruttata, potrebbe portare benefici significativi nella performance atletica, nello sviluppo della massa muscolare e nel recupero dei danni muscolari causati dall’allenamento.
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Soprattutto nel bodybuilding si è diffusa nel corso degli anni la convinzione dell’esistenza di una “finestra anabolica” o meglio una “finestra delle opportunità”, cioè un arco temporale nei pressi dell’attività fisica entro il quale sarebbe opportuno consumare rapidamente determinati nutrienti (proteine e carboidrati in particolare), pena la perdita di parte dei benefici indotti dall’allenamento. Secondo molti tale finestra durerebbe pochissimo tempo – meno di 1-2 ore dalla fine del workout – e rappresenterebbe il momento più importante dal punto di vista nutrizionale anche più dell’intake calorico consumato durante la giornata. [1]
Ma è davvero così determinante? In che condizioni può essere presa in considerazione ed in quali può essere invece considerata superflua? Dura davvero così poco?
Cominciamo col dire che i punti fondamentali sui quali si basano le teorie del nutrient timing e della finestra anabolica sono:
- la resintesi del glicogeno epatico e muscolare;
- la sintesi proteica
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Carboidrati e risintesi del glicogeno
Le prime teorie riguardo l’importanza del nutrient timing si sono diffuse alla fine degli anni ’80 in seguito alle ricerche condotte dal dottor Ivy e dal suo team. Il dottor Ivy fu uno dei pionieri dello sviluppo delle teorie legate al nutrient timing, tant’è che nel 2004 pubblicò anche un libro dal titolo “Nutrient Timing: The Future of Sports Nutrition” in cui esponeva le sue considerazioni sull’importanza della finestra anabolica [2] . In particolare in uno dei suoi primi studi era stata valutata la velocità di ripristino delle riserve di glicogeno in soggetti che praticavano ciclismo ed era stato evidenziato come il consumo di carboidrati (2g/kg) entro un’ora dal termine dell’allenamento portasse una maggior velocità di ripristino delle riserve di glicogeno. Al contrario, consumare dopo almeno due ore una stessa quantità di glucidi avrebbe potuto ritardare il recupero delle energie e comprometterne la performance. [2][3][4].Infatti il gruppo che aveva ritardato l’assunzione della soluzione di carboidrati presentava una riduzione del 50% del glicogeno rispetto all’altro gruppo che aveva integrato la stessa dose ma più rapidamente.
A partire da quel momento si sono diffuse una lunga serie di teorie riguardo l’importanza di assumere carboidrati immediatamente dopo l’allenamento, indistintamente dal tipo di attività fisica svolta.
In realtà lo studio di Ivy (tutt’oggi forte sostenitore dell’importanza del “nutrient timing”) prendeva in considerazione soggetti che svolgevano attività di endurance dalla durata di diverse ore. In tali circostanze la velocità di ripristino delle riserve di glicogeno assume un ruolo fondamentale in quanto spesso gli atleti di sport di resistenza svolgono più sessioni d’allenamento durante la giornata. Infatti negli sport di endurance se non si assume una quota glucidica adatta tra un allenamento e l’altro svolto nella stessa giornata non si ha il tempo necessario di ripristinare il glicogeno perduto [5] Secondo diversi studi il ripristino delle riserve di glicogeno avverrebbe comunque nel giro di 24 ore o addirittura nell’arco di 8 ore [4] se una quantità sufficiente di carboidrati viene consumata durante la giornata indistintamente dal timing in cui questi vengono assunti. L’attività della glicogeno-sintasi, un enzima che promuove l’immagazzinamento del glicogeno, pare infatti aumentare in seguito un allenamento intenso seguito anche da un aumento della traslocazione dei GLUT-4 sulla membrana cellulare. Questo vuol dire che se svolgiamo attività fisica ogni 24 o 48 ore e riusciamo ad assumere una buona quantità di carboidrati non ha molto senso preoccuparsi del recupero delle energie tra un’attività e l’altra in quanto basterebbe già consumare dei pasti regolari e seguire una dieta equilibrata per il raggiungimento di tale scopo.
Mentre quindi un atleta di endurance può sicuramente preoccuparsi maggiormente del recupero nel post workout lo stesso non si può dire per chi pratica attività fisica contro resistenza (resistance training (RT) o allenamento coi pesi). E’ stato dimostrato più volte che con un allenamento RT è praticamente impossibile esaurire tutte le riserve di glicogeno. Pare infatti che, secondo più studi, tali allenamenti causino una deplezione del glicogeno non superiore al 20-40% [6][7][8] ciò varierebbe a secondo della durata dell’allenamento, dagli esercizi e dall’intensità dell’attività fisica svolta. D’altronde maggiore è lo svuotamento del glicogeno più velocemente avviene anche la sua resintesi. Considerando che solitamente la frequenza di chi si allena coi pesi è di circa un allenamento al giorno o addirittura anche ogni due o tre giorni, vi è tutto il tempo a disposizione affinché la resintesi del glicogeno possa avvenire, indistintamente dal timing glucidico stabilito nel post-workout.
In sostanza le persone che potrebbero preoccuparsi del timing di assunzione dei carboidrati sono:
- Atleti di endurance che effettuano allenamenti distanziati da meno di 8 ore (ciclisti, maratoneti…)
- Pesisti che si allenano due o più volte al giorno allenando lo stesso gruppo muscolare (Es: mattina dorso, pomeriggio braccia o nuovamente dorso)
Per tutti gli altri atleti che si allenano massimo una volta al giorno le preoccupazioni per la resintesi del glicogeno risulta superflua.
Sintesi proteica
Un altro punto importante su cui vertono le teorie legate al tempo di assunzione dei nutrienti riguarda la sintesi proteica e quindi la costruzione della massa muscolare. Per diversi anni nel mondo dei pesi si sono avvicendate teorie circa l’importanza di assumere proteine entro un brevissimo lasso di tempo alla fine dell’allenamento per massimizzare al meglio la sintesi proteica (MPS) e innescare così tutta una serie di processi che avrebbero portato dei maggiori guadagni in termini di massa magra. Per ottimizzare tali guadagni si è anche più volte consigliato l’assunzione di carboidrati insieme ad una dose di proteine in quanto si è più volte creduto che i primi potessero avere un ruolo importante nell’innescare i processi anabolici innalzando i livelli di insulina. In realtà è ormai stato scoperto da tempo che oltre ad avere un ruolo quasi marginale nei processi anabolici nel muscolo scheletrico – mentre invece sono stati dimostrati i suoi effetti anti-catabolici – l’insulina può essere facilmente sintetizzata anche attraverso il consumo di soli cibi proteici.
Ma andiamo per ordine.
Iniziamo col dire che il mantenimento della massa muscolare è regolato da processi di bilanciamento tra la perdita di proteine (MPB) e la loro sintesi (MPS). Se sussistono le condizioni affinché la MPS sia maggiore della MPB avverrà un guadagno netto sulla sintesi proteica che si tradurrà in possibili guadagni di massa muscolare. Se accade il contrario invece il catabolismo muscolare prenderà il sopravvento causando una riduzione della massa magra.
Durante l’allenamento – sia che esso sia aerobico o anaerobico – avviene una riduzione della MPS mediante l’incremento della AMPK e l’inibizione dell’mTOR dovuto alla riduzione dei suoi regolatori ovvero della fosforilazione della 4EBP-1 e dell’S6K1 [9]
Al contrario, il catabolismo proteico (MPB) non sembrerebbe subire delle variazioni durante il corso dell’allenamento rispetto alle condizioni di riposo e di digiuno. La proteolisi nella prima mezzora successiva al workout presenterebbe valori ancora solo leggermente elevati mentre aumenterebbe in maniera significativa, fino al 30-50%, nelle 3 ore successive e potrebbe perdurare fino a 24 ore. [10]. Nelle condizioni di digiuno la proteolisi è estremamente elevata dopo 195 minuti dalla fine del workout [11].
Un ruolo importante nel contrastare i processi catabolici seguenti l’allenamento pare essere svolto dall’insulina. Quest’ultimo è un ormone al quale sono state date nel recente passato funzioni importanti a volte anche superiori a quelle realmente possedute. Tra le funzioni più importanti dell’insulina vi è quella di agire come anti-catabolico inibendo il sistema ubiquitina-proteasoma [12]che rappresenta uno dei fattori di trascrizione della proteolisi [13]. Teoricamente, riducendo la proteolisi successiva l’allenamento il bilanciamento proteico verrà shiftato a favore di un guadagno sulla sintesi proteica. Per questo motivo spesso si attribuisce all’insulina il ruolo di ormone anabolico pur agendo principalmente da anticatabolico.
I livelli di insulina necessari per contrastare la proteolisi si attestano ad un valore pari circa a 3-4 volte i livelli a digiuno, valori che sono facilmente raggiungibili con un normale pasto misto [14]. Per molto tempo si è pensato che l’aggiunta di carboidrati alle proteine nell’immediato post-workout potesse aumentare maggiormente i livelli di insulina fornendo quindi dei maggiori vantaggi nella sintesi proteica. In realtà si è visto che con il solo consumo di 45 g di proteine già dopo 40’ si raggiunge già il picco di insulina necessario per massimizzare il bilancio proteico fino alle due ore successive. [15] Da diversi studi è stato riportato che l’aggiunta di carboidrati ad una soluzione di proteine nel post-wo non mostra alcun maggior vantaggio sul bilancio proteico rispetto al consumo di sole whey o caseine [16][17]. Si può quindi affermare che l’effetto dei carboidrati sull’insulina in presenza di proteine risulta essere superfluo.
Anche il solo allenamento sembra promuovere la sintesi proteica nel post-workout fino a due volte i livelli normali soprattutto a partire dalle 2 ore successive fino a perdurare anche 48 ore. [10] Ciononostante non sembra comunque ancora essere sufficiente per contrastare la proteolisi muscolare quando il soggetto si allena in condizioni di digiuno.
Per quanto riguarda il consumo di proteine in una serie di studi Levenhagen et al avevano mostrato che il consumo di proteine nell’immediato post-workout apportava maggiori guadagni nella sintesi proteica rispetto agli atleti che ritardavano il consumo di proteine [18][19] La limitazione principali di tali studi è che i soggetti, come nel caso degli studi di Ivy, erano atleti di endurance che come abbiamo già visto prima hanno necessità maggiori nel rispettare il timing dei nutrienti.
Rasmussen et al [20] infatti non avevano individuato alcuna differenza su atleti di sollevamento pesi tra chi consumava proteine 1 ora o 3 ore dopo l’allenamento. Entrambi i gruppi mostravano incrementi del 400% della MPS.
La stimolazione della MPS indotta dalle proteine sembrerebbe essere dovuta in particolare alla presenza della leucina (un aminoacido presente nelle proteine, soprattutto le whey), che stimola un sensore intracellulare per gli aminoacidi, ovvero l’mTOR.
Affinché la sintesi proteica venga stimolata a dovere è importante che sia presente un continuo flusso di aminoacidi in circolo (iperaminoacidemia), ciò spiegherebbe i motivi per cui sarebbe consigliato dare importanza all’immediato post-wo nel caso in cui ci si allenasse in condizioni di digiuno. Negli altri casi sarebbe comunque prudente consumare una quota di proteine pari a 0,4-0,5 g/kg sia nel pre- e che nel post-workout ad una distanza di circa 4-6 ore.
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Protein Timing e Ipertrofia
Riguardo invece la questione legata all’ipertrofia e al nutrient timing i pareri e gli studi sembrano essere ancora contrastanti. Mentre quasi la metà degli studi sembrano confermare la presenza di effettivi vantaggi sulla crescita muscolare nei soggetti che tendono a consumare proteine e carboidrati in prossimità dell’allenamento, altri studi invece non sembrano essere dello stesso parere. La questione non è ancora abbastanza chiara per il semplice fatto che la maggior parte degli studi presentano delle limitazioni come: l’età dei soggetti esaminati (spesso sono anziani), l’esperienza degli atleti (a volte non sono allenati), l’intake proteico (il più delle volte non è controllato e pareggiato), l’utilizzo di diversi protocolli di allenamento e la durata degli studi (quasi sempre a breve termine). La maggior parte delle conclusioni sulla presunta presenza di una finestra anabolica sembrano dettate più che altro da considerazioni o esperienze personali più che da basi scientifiche solide.
Esistono in particolare 3 studi dove il consumo proteico era controllato tra i vari gruppi [21][22][23]. Tra questi in due studi era stato mostrato un incremento dell’area della sezione trasversa (CSA) del muscolo usando metodi di misura differenti come l’MRI [21] e la DXA [22] Il terzo studio invece non aveva evidenziato nessun cambiamento [23]. Alcune di queste misurazione (MRI, DXA, CT…) non risultano essere però molto attendibili e possono facilmente subire variazioni oltre a non essere in grado di mostrare piccole variazioni nella massa che possono essere determinanti per atleti di competizione [24]
Di recente è stata condotta una meta-analisi da parte di Schoenfeld e Aragon [25]- due ricercatori che negli ultimi anni si sono interessati parecchio sull’argomento – in cui sono stati presi in esame una serie di 23 studi per un totale di 525 soggetti per valutare gli effetti del timing proteico sull’ipertrofia. Mentre in un primo momento era emerso un piccolo effetto del timing proteico sull’ipertrofia, nelle successive analisi è stato notato che la maggior parte dei soggetti che rispettavano il timing consumava anche una quota maggiore di proteine (1,7 g/kg Vs 1,3 g/kg). I ricercatori sono arrivati alla conclusione che se anche esistesse un certo vantaggio nel consumare una dose di proteine nell’immediato pre- o post-workout, questo sarebbe comunque molto piccolo.
Mentre quindi per un bodybuilder di alto livello potrebbe avere comunque senso rispettare il timing proteico per massimizzare i guadagni ipertrofici, per un soggetto che si allena da poco tempo o in maniera amatoriale non fa molta differenza se le proteine vengono consumate a distanza di qualche ora dalla fine dell’allenamento in quanto la quota di proteine totale consumata durante la giornata sarebbe comunque più importante del timing proteico.
Quant’è importante quindi il nutrient timing?
Alla luce degli studi analizzati finora possiamo trarre le conclusioni che, nonostante l’effettiva presenza di una finestra anabolica (o delle opportunità), questa risulta comunque durare abbastanza a lungo, circa 4-6 ore o anche più, da non dover essere una grossa preoccupazione, in atleti non di vertice, al raggiungimento dei nostri risultati, sia che essi siano estetici o prestativi.
Negli ultimi anni è stata creata da Helms – e riportata anche da altri autori – una piramide che mostrerebbe le priorità da tenere in considerazione quando creiamo un piano alimentare. Alla base di tale piramide troviamo l’introito calorico e successivamente i macronutrienti e i micronutrienti. Ciò sta ad indicare che i primi fattori di cui preoccuparci saranno l’introito calorico – ovvero la quantità di calorie assunte nel corso della giornata, o ancora meglio durante le settimane o i mesi – e la ripartizione dei nutrienti, cioè la suddivisione di carboidrati, grassi, proteine e la presenza di vitamine e minerali.
Nella stessa piramide il timing dei nutrienti viene collocato quasi all’apice dando a questo un ruolo abbastanza marginale. Alcuni esperti asseriscono infatti che il “timing” possa influire al massimo per il 5-10% circa nel totale della dieta.
Se siamo quindi atleti amatoriali e ci alleniamo solo per stare bene possiamo anche non tenere troppo conto del timing visto che esso influisce solo per una piccolissima percentuale. Se invece siamo atleti di alto livello seguire con precisione il timing di assunzione dei vari nutrienti può portare quei benefici che, seppur piccoli, in certi contesti soprattutto agonistici possono anche fare la differenza.
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Da “Muscle and strength nutrition pyramid” di Eric Helms
Quando è invece importante tenere conto del timing?
Per concludere, a seguito una tabella schematizzata sull’utilità o meno del nutrient timing a secondo delle situazioni e dell’attività fisica svolta, rivisitata e tradotta da una slide presentata in una conferenza tenuta da Alan Aragon, ricercatore ed uno dei maggiori esperti nel campo della nutrizione sportiva.
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Tradotta da: AA Aragon Continuum of nutrient timing importance. NSCA Personal Trainer conference April 2012
BIBLIOGRAFIA:
1)Aragon et al. 2013 – Nutrient timing revisited: is there a post-exercise anabolic window?
2)Schuler e Aragon 2014 – The lean muscle diet
3)Ivy et al. 1998 – Muscle glycogen synthesis after exercise: effect of time of carbohydrate ingestion.
4)Helms et al 2014 – Evidence-based recommendations for natural bodybuilding contest preparation: nutrition and supplementation.
5)Haff et al. 1999 – The effect of carbohydrate supplementation on
multiple sessions and bouts of resistance exercise.
6)MacDougall et al. 1999 – Muscle substrate utilization and lactate production.
7)Tesch et al. 1986 Muscle metabolism during intense, heavy-resistance exercise.
8)Robergs et al. 1991 Muscle glycogenolysis during differing intensities of weight-resistance exercise.
9)Dreyer et al. 2006 Resistance exercise increases AMPK activity and reduces 4E-BP1 phosphorylation and protein synthesis in human skeletal muscle
10)Kumar et al. 2009 – Human muscle protein synthesis and breakdown during and after exercise.
11)Pitkanen et al. 2003 – Free amino acid pool and muscle protein balance after resistance exercise.
12)Greenhaff et al. 2008 – Disassociation between the effects of amino acids and insulin on signaling, ubiquitin ligases, and protein turnover in human muscle.
13) Siliprandi; Tettamenti – Biochimica Medica
14) Capaldo et al. 1999 – Splanchnic and leg substrate exchange after ingestion of a natural mixed meal in humans.
15) Power et al. 2009 – Human insulinotropic response to oral ingestion of native and hydrolysed whey protein.
16) Koopman et al. 2007 – Coingestion of carbohydrate with protein does not further augment postexercise muscle protein synthesis.
17) Staples et al. 2011 – Carbohydrate does not augment exercise-induced protein accretion versus protein alone.
18) Levenhagen et al. 2001 – Postexercise nutrient intake timing in humans is critical to recovery of leg glucose and protein homeostasis.
19) Levenhagen et al. 2002 – Postexercise protein intake enhances whole-body and leg protein accretion in humans.
20) Rasmussen et al. 2000 – An oral essential amino acid-carbohydrate supplement enhances muscle protein anabolism after resistance exercise.
21) Cribb et al. 2006 – Effects of supplement timing and resistance exercise on skeletal muscle hypertrophy.
22) Esmarck et al. 2001 – Timing of postexercise protein intake is important for muscle hypertrophy with resistance training in elderly humans.
23) Hoffman et al. 2009 – Effect of protein-supplement timing on strength, power, and body-composition changes in resistance-trained men.
24) http://www.lookgreatnaked.com/blog/our-meta-analysis-of-protein-timing-thoughts-and-perspectives/
25) Schoenfeld et al. 2013 – The effect of protein timing on muscle strength and hypertrophy: a meta-analysis.
L’articolo: Nutrient Timing è di Ivan Pitrulli
NOTE SULL’AUTORE
Classe ’92 laureato in scienze delle attività motorie e sportive presso l’università di Palermo, ha sviluppato durante gli studi la passione verso la letteratura scientifica attraverso la quale cerca di combattere i falsi miti che girano nelle palestre su allenamento e nutrizione.
Mail: ivan.pitrulli@gmail.com
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