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Le abilità mentali per resistere alla fatica.

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Quando il gioco si fa duro, usa la testa!

‘Basta. Fermati. Non ce la faccio più. Non riesco più a respirare, non sento più le gambe, le braccia, mi gira la testa. Me lo dice il corpo di fermarmi. Sono al limite. Basta. Basta. Dai ancora per poco, NO, basta non sopporto più tutto questo dolore, questa fatica’.

Quante volte ci siamo ripetuti queste frasi nel momento più doloroso, più faticoso di un allenamento, di una gara, sembra di vederle scorrere, come fossero sottotitoli, davanti a noi, appena prima di fermarci, di stoppare tutto. Basta. Posso riprendere fiato. Ma subito dopo aleggia una sensazione di sconfitta, di fallimento. Potevo dare di più. Avrei potuto.

Abilità mentali

Ma cos’è la fatica? Il dizionario definisce la parola ‘fatica’ come ‘sforzo intenso e prolungato che porta all’indebolimento progressivo delle facoltà di resistenza fisiche o spirituali’. La fatica determina una riduzione di rendimento, di prestazione, di funzionalità, di capacità di concentrazione a cui si accompagna un desiderio di interruzione dell’attività in corso.

Sicuramente la sensazione di fatica è familiare a tutti gli atleti-amatori che praticano attività fisiche che richiedono sforzi notevoli prolungati e resistenza aerobica/anaerobica (possiamo citare la maratona, il ciclismo, il triathlon, il crossfit) ma, in generale, in qualsiasi sport bisogna confrontarsi con la sensazione di fatica, uscire dalla così detta ‘Zona di comfort’, mettersi faccia a faccia con la proprie capacità di resistenza fisica e mentale.

Ormai è un dato certo che il limite mentale sopraggiunga prima del limite fisico, in altre parole, quindi, quando iniziamo a ripeterci ossessivamente di non farcela più, probabilmente abbiamo ancora un buon 40% di benzina fisica da poter sfruttare. E allora cosa ci blocca? E cosa ci può aiutare a spingere il limite più in là, a sviluppare maggiore resistenza alla fatica? Come fanno certi atleti a percorrere una maratona di 14 ore nel deserto? Cosa spinge un atleta di crossfit a portare a termine un WOD di 400 pull-ups e pistol-squats? Cosa spinge una persona in palestra a fare una ripetizione in più nonostante la mente dica di fermarsi?

In Psicologia dello sport si sente molto parlare di due abilità mentali: la durezza mentale e la resilienza.
– La durezza mentale è definita come ‘un costrutto multidimensionale che comprende la capacità mentale di recuperare dopo sconfitte ed errori, l’abilità di controllare la tensione agonistica, la capacità di mantenere l’attenzione per periodi di tempo prolungati, il livello di autostima sportivo e il grado di coinvolgimento e impegno nel sopportare la fatica e raggiungere i propri obiettivi’ (Goldberg, 2000). In pratica, coinvolge la determinazione, la perseveranza, l’impegno, la capacità di resistere alla fatica ed al dolore, per usare al massimo le proprie capacità, per ottenere una performance ottimale.
– La Resilienza è, invece, ‘la capacità di resistere alle frustrazioni, allo stress ed alle difficoltà della vita fronteggiando efficacemente gli eventi critici e reagendo in modo positivo’ (Trabucchi, 2000). La persona resiliente è in grado, quindi, di adattarsi alle situazioni avverse, come possono essere fatica e dolore. È stato dimostrato come Durezza mentale e Resilienza siano alla base della personalità di atleti di alto livello e siano, quindi, necessarie per affrontare fatica e dolore e raggiungere performance di successo.

Scavando ancora più a fondo, però, la durezza mentale e la resilienza si basano su due importanti pilastri psicologici: l’autoefficacia e l’autostima. Come facciamo, infatti, a recuperare dopo una sconfitta se crediamo di non esserne in grado? Come possiamo sopportare il dolore se non ci crediamo dotati di resistenza? Come possiamo sopportare lo stress se la rappresentazione di noi stessi è un fallimento? Come possiamo porci degli obiettivi sfidanti e faticosi se non ci sentiamo di avere le abilità necessarie o, peggio, se non crediamo neanche di essere in grado di impararle?

Vediamo, quindi, come poter allenare la nostra autostima, la nostra autoefficacia e, quindi, come poter costruire la durezza mentale e la resilienza.

Il primo passo verso la costruzione di una buona autoefficacia è l’utilizzo del pensiero positivo, cioè l’orientamento del pensiero dal negativo (i classici non devo, non voglio) al positivo (riesco, voglio, faccio). Il pensiero positivo è strettamente connesso al self-talk, di cui ho largamente parlato nell’articolo sulla preparazione mentale nel sollevamento pesi. Cambiare la prospettiva da ‘non voglio fermarmi’ a ‘vado avanti’ ci pone in un assetto ottimale, che aumenta il nostro senso di autoefficacia.

Il pensiero positivo è strettamente collegato al cambiamento di prospettiva nel leggere la realtà che ci circonda. La realtà, infatti, non è oggettiva, come può sembrare, ma è filtrata dal nostro punto di vista, da ciò che selezioniamo come importante per noi e da come lo interpretiamo. Il nostro modo di pensare, il nostro modo di vivere ci ha ormai portato a concentrarci solo sulle cose che NON abbiamo fatto, che NON abbiamo portato a termine, che potevamo fare meglio. Nessuno ci ha mai insegnato, invece, a renderci conto di tutte quelle piccole cose che ogni giorno scegliamo di fare, ma che potevamo scegliere di non fare. Alzarci dal letto, andare al lavoro, sorridere anche se si è tristi, andare in palestra, mangiare quell’alimento sano piuttosto che quella barretta di ‘junk food’. Chissà perché, però, riusciamo solamente a notare quando in palestra non ci siamo andati, quando non siamo riusciti a seguire la dieta, quando non siamo riusciti a fare la decima ripetizione (ma ne abbiamo fatte 9!), quando non siamo riusciti ad arrivare ai 5km di corsa (ma ne abbiamo fatti 4!). Iniziamo a tenere un diario dei successi, iniziamo a scrivere fisicamente quello che di buono facciamo ogni giorno, tutto ciò che, anche di piccolo, portiamo a termine. Iniziamo a sottolinearci i successi, non gli insuccessi.  L’autoefficacia subirà un’impennata.

Ovviamente l’autoefficacia sportiva si basa soprattutto sui successi sportivi, sulla capacità di darsi un obiettivo e raggiungerlo, sul dimostrarsi di potercela fare, e questo è fondamentale anche nella resistenza alla fatica, della quale parleremo a breve.

In tutto questo, quindi, non poteva mancare una parte dedicata ai rinforzi. L’autoefficacia trae vita dai rinforzi, dai ‘bravo’ detti dal nostro trainer, dai nostri amici, dai nostri genitori; impariamo, però ad auto-rinforzarci, come ho detto prima, a sottolinearci i nostri successi e a dirci ‘bravo’ di conseguenza.

fatica

Dopo aver messo le basi per una solida autoefficacia si possono iniziare ad apprendere, sviluppare ed allenare la durezza mentale e la resilienza, così importanti nel riuscire ad ottenere una performance ottimale ma anche così necessarie per riuscire a resistere alla sensazione di fatica. In generale le tecniche più utilizzate prevedono la valorizzazione dei propri punti di forza e l’individuazione delle proprie aree da migliorare, la creazione di un proprio goal setting (stilare, quindi, una strategia di obiettivi a breve, medio e lungo termine), tecniche di pensiero positivo e self talk, tecniche di concentrazione (come per esempio la stesura di una routine, una sequenza automatizzata di gesti, visualizzazioni e parole che deve essere applicata prima di ogni allenamento/gara per favorire la concentrazione), tecniche di rilassamento (respirazione, training autogeno, rilassamento muscolare di Jacobson), tecniche di visualizzazione e allenamento ideomotorio (vedi ‘preparazione mentale nel sollevamento pesi’) e la rievocazione, l’immaginazione delle sensazioni provate in una prestazione ottimale precedente (‘Sport Resilience lab’ di S. Ortensi). Tutte queste tecniche sono utilizzate nei protocolli di Mental training con uno psicologo dello sport, lavorando sia con atleti di alto livello sia con atleti amatori e squadre sportive.

Arrivando al dunque, dopo aver sviluppato autostima, autoefficacia, durezza mentale e resilienza, quali sono, nello specifico, le tecniche mentali per resistere al dolore e alla fatica?

Innanzitutto bisogna prefissarsi degli obiettivi SMART (Specifici, misurabili, attuabili, realistici, legati al tempo a disposizione). Obiettivi che siano realizzabili ma a poco a poco sempre più sfidanti, sempre più faticosi, ma comunque sempre realizzabili. In ogni allenamento dobbiamo uscire dalla nostra ‘zona di comfort’, abituarci in maniera gradualmente maggiore alla sensazione di fatica, a dimostrare a noi stessi di essere in grado sempre di più di gestire la sensazione di dolore. La durezza mentale, infatti, è costruita su piccole vittorie, piccoli miglioramenti; le tue azioni fisiche, costantemente, ti dimostrano la tua forza mentale. È proprio la tecnica di esporsi a piccole dosi che ci dà la prova di sapere resistere e ci infonde quella autoefficacia che ci rende ancora più motivati (‘l’ho già affrontato prima e ce l’ho fatta’) quando il ‘gioco si fa più duro’. Il metodo di porsi degli obiettivi è molto utile anche per suddividere in più step, in più ‘trigger point’, l’allenamento/gara. E’ molto più facile e motivante, infatti, porsi l’obiettivo di raggiungere i 10 km di volta in volta (in una maratona che magari ne ha 40), oppure darsi l’obiettivo di portare a termine ogni singolo esercizio di un WOD, piuttosto che pensare al lontano obiettivo finale.

Rilassamento

La capacità di rilassarsi prima di un allenamento particolarmente faticoso o in vista di una gara è fondamentale. L’obiettivo è, quindi, usare delle tecniche di respirazione adeguate per raggiungere un livello di tensione muscolare e di attivazione fisiologica ottimale per far fronte alla prestazione. Grazie al rilassamento tutte le risorse fisiche e mentali possono essere incanalate verso la meta e non disperse per far fronte ad un’ansia eccessiva, che brucia in anticipo le riserve.

Il rilassamento è fondamentale anche dopo la fine di una gara o di un allenamento faticoso. Associare, infatti, una sensazione di rilassamento in seguito ad una sensazione di fatica e dolore, fa in modo di renderla più gestibile e meno ‘traumatizzante’.

Il rilassamento è necessario anche per poter utilizzare al meglio le tecniche di visualizzazione: la visualizzazione pre-gara consiste, in una maratona ad esempio, nell’immaginarsi vividamente la conformazione del percorso, ogni rettilineo, curva, collina, discesa, ogni sensazione corporea, pensiero ed emozione legata al percorso, compreso il momento in cui il corpo inizierà a dire basta, il così detto muro. Visualizzare, infatti, aiuta ad arrivare preparati, oltre che tecnicamente, anche mentalmente alla prestazione, avendo già immaginato nel dettaglio, avendo già reso familiare, ciò che potrà succedere.

La visualizzazione durante la gara, invece, consiste soprattutto nell’immaginarsi il momento in cui in passato è stata raggiunta una performance ottimale, definita ‘flow’. Nei momenti di difficoltà nell’allenamento/gara presente, infatti, immaginarsi i pensieri, i movimenti, le emozioni e le sensazioni legate al flow aiutano a rinfonzarsi e darsi la giusta carica per continuare. In questo caso la visualizzazione ha la stessa funzione del self talk positivo. Ripetersi, in mente o ad alta voce, infatti, dei ‘mantra/parole chiave’ motivanti (‘continua così, sei forte, vai’) o delle immagini particolarmente incentivanti (il flow, il vostro atleta preferito) sono fondamentali per superare le barriere mentali della fatica. Nella corsa, un’immagine particolarmente utile consiste nel visualizzare delle corde che vengono ancorate ad un albero qualche metro davanti a voi, dandovi la sensazione di essere spinti in avanti, come se le corde facessero da traino e spingessero il vostro corpo a muoversi più velocemente.  ‘Se desiderate compiere qualcosa nella realtà, innanzitutto visualizzate voi stessi mentre riuscite a compierla’ diceva Arnold Lazarus.

Un’altra tecnica molto utilizzata viene definita ‘distrazione’. Esempi di distrazione posso essere contare gli alberi durante una maratona, coniugare verbi, contare al contrario, creare la lista della spesa, guardare le persone, cantare una canzone. Tutto questo per distrarsi dalla sensazione di dolore e fatica che si sta provando in quel momento. In realtà non è corretto definire questa tecnica con la parola ‘distrazione’; essa, infatti, consiste nel sapersi concentrare e spostare il proprio focus attentivo dall’interno (dolore, fatica) all’esterno, dirigendo e concentrando la propria attenzione verso stimoli lontano dalle nostre sensazioni fisiche. La concentrazione va allenata, sembra facile concentrarsi sul paesaggio ma in realtà la maggioranza di noi riuscirà per pochi secondi, tornando immediatamente alla sensazione spiacevole di dolore.

Infine l’ultima modalità che vi presento per resistere alla fatica non si tratta di una tecnica, ma piuttosto di una ‘forma mentis’ diversa. Da sempre la nostra società ci insegna a reprimere l’ansia, la fatica, il dolore. Non ci insegna a conoscerlo, a convivere con esso. Non ci insegna a capirne il senso. Ad utilizzarlo in modo positivo. Ne è la prova l’abuso di farmaci odierno. Bisognerebbe imparare ad accettare di provare fatica (c’è sempre un limite!), viverla come tale, così com’è, decidere consapevolmente di essere in grado di sopportarla, senza fare finta che non esista, senza lottarci contro. Come un momento passeggero, transitorio, come un segnale dell’uscita dalla nostra ‘zona di comfort’, come segnale di un passo verso il miglioramento di noi stessi, verso la prova di essere stati efficaci, di aver resistito.

Lavora ogni giorno sui tuoi pensieri piuttosto che concentrarti sui tuoi comportamenti. È il tuo pensiero che crea i tuoi sentimenti, e, alla fine, anche le tue azioni’ Wayne W. Dyer.

NOTE SULL’AUTRICE

Eleonora Orsi – Milano – Mail: orsi.ele@gmail.com
Laureata in Psicologia clinica all’università di Milano ‘Bicocca’, iscritta all’albo degli psicologi della Lombardia, specializzata in Psicologia dello sport e specializzanda in Psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Atleta agonista per A.S.D ‘Alex Club’ di Milano nella pratica sportiva del sollevamento pesi olimpico e nella distensione su panca.
Fin da sempre appassionata di nutrizione, allenamento, benessere e sport applica le conoscenze derivate dai suoi studi psicologici alle sue passioni, soprattutto per quanto riguarda la psicologia e lo sport, ponendosi come obiettivo di diffondere l’importanza della preparazione mentale e delle sue tecniche nella prestazione sportiva.

 

 

 

 

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